Reggio Emilia, 17 febbraio 2016 - C'è una svolta clamorosa nello sviluppo del processo Aemilia. Giuseppe ‘Pino’ Giglio, uno dei principali imputati del processo alla ‘ndrangheta, ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna un «organizzatore» dell’attività di associazione, avrebbe deciso di mettersi a disposizione degli inquirenti per collaborare. Nei confronti dell’imprenditore, che risiede a Montecchio Emilia e che da oltre un anno è al 41 bis, è stato quindi attivato un dispositivo di protezione di alto livello; quello previsto per i cosiddetti ‘pentiti’.
La decisione sarebbe arrivata dopo che i pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini hanno chiesto per lui 20 anni di reclusione, contestandogli 30 capi di imputazione, in rito abbreviato.
«La procura non ha niente da dire», ha risposto il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, delegato ai rapporti con la stampa, interpellato sulla notizia.
Il ruolo di organizzatore di Giglio, secondo la Dda, è relativo a fatturazioni per operazioni inesistenti e alla gestione di numerosi appalti. Avrebbe mantenuto rapporti con la cosca Grande Aracri di Cutro e indirettamente con il capo della consorteria, Nicolino Grande Aracri. Dopo l’arresto di fine gennaio 2015, lo scorso 15 gennaio è stato destinatario di una nuova misura di custodia cautelare in carcere, per trasferimento fraudolento di beni e intestazione fittizia. L’ordinanza ha colpito anche il fratello, Giulio, e il padre, Francesco, per cui sono scattati i domiciliari.
I difensori di Giuseppe Giglio, l’imputato del processo Aemilia che avrebbe deciso di collaborare con gli inquirenti, hanno formalizzato la rinuncia al mandato. «Non ci sono più le condizioni perché io lo possa assistere», ha detto l’avvocato Fausto Bruzzese, che lo difendeva insieme al collega Filippo Giunchedi. «Ho anche altre posizioni in questo processo e si creerebbe una situazione di incompatibilità», ha spiegato il legale. L’arringa della difesa era programmata per il 29 febbraio, in rito abbreviato. Già da oggi Giglio dovrebbe essere rappresentato in aula da un avvocato di ufficio.
«Al carcere di Spoleto in cui era recluso ci hanno risposto di mandare una raccomandata e non ci hanno fatto parlare con lui – spiega l’avvocato Giunchedi –. E nell’udienza di lunedì stranamente non era in videoconferenza, come al solito».
Nemmeno il fratello Giulio, imputato sempre in Aemilia è stato portato in aula; anzi, è stato spostato dal carcere di Bologna (dove sono detenuti diversi protagonisti del processo) a quello di Ferrara. I familiari di Giglio nelle scorse ore sono stati subito contattati dalle forze di polizia per la protezione, ma secondo quanto si apprende non avrebbero intenzione di accettare il programma di protezione. «Si tratta di una decisione che evidentemente ha maturato lui, anche all’insaputa nostra e dei familiari. Una scelta personalissima, sulla quale non vogliamo entrare nel merito. Ma è evidente che non ci sono più le condizioni fiduciarie per mantenere un rapporto con il nostro assistito».