"L’economia soffrirebbe anche senza restrizioni"

Numeri alla mano, la professoressa Bertocchi boccia l’approccio svedese "Produzione peggio che in Norvegia con un numero di morti 10 volte più alto"

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E se non ci fossero restrizioni? La gente avrebbe ugualmente paura, non comprerebbe e l’economia sarebbe ugualmente in affanno. Ma con la differenza che l’epidemia continuerebbe a dilagare.

La professoressa Graziella Bertocchi, docente di Economia Politica all’Università di Modena e Reggio (dopo le cattedre in Usa, Gran Bretagna e Belgio) boccia il metodo svedese, sollecita gli aiuti alle categorie in difficoltà e promuove gli aiuti europei.

Professoressa Bertocchi, la nostra economia come ne uscirà?

"Al momento la stima dell’andamento del Pil italiano nel 2020 è di -10%, un crollo colossale se si pensa che nel 2009, a seguito della crisi finanziaria, ci si era fermati a -6%. La stima per il 2020 è simile a quella di Francia e Regno Unito e migliore di quella per la Spagna (-12%). La Germania e gli Stati Uniti resistono meglio (-5%) e la Cina è già in lieve ripresa (+2%)".

E adesso la seconda ondata...

"...E i lockdown annunciati. Le stime sul Pil potrebbero essere quindi riviste al ribasso. Si tratta però di lockdown parziali, che non bloccano l’intera attività produttiva come accadde a marzo".

Per calcolare gli effetti economici dei lockdown cosa bisogna considerare?

"Due aspetti. Primo, in una fase in cui i contagi crescono esponenzialmente, anche senza l’imposizione delle chiusure tutte queste attività soffrirebbero comunque perché la paura del contagio sottrae clienti. Secondo, sono in atto misure massicce di sostegno governativo. Tra ristori e cassa integrazione le misure conterranno i danni. E’ chiaro però che i versamenti dovranno essere tempestivi per essere efficaci".

Molte nostre aziende meccaniche forniscono componenti di precisione per i colossi dell’industria europea: dalla Germania che notizie arrivano?

"La Germania ha sofferto economicamente relativamente meno dell’Italia nella prima fase dell’epidemia e continua ad usufruire di aiuti governativi estesi, che hanno sostenuto l’attività produttiva e di conseguenza anche le importazioni dall’Italia".

Come valuta l’applicazione del telelavoro in ambito imprenditoriale?

"In pochi mesi è stato fatto un balzo tecnologico e organizzativo che potrebbe essere visto come uno dei ben pochi aspetti positivi della pandemia. Questo è vero nel settore privato ma ancora di più nel pubblico. Ma un settore pubblico più efficiente aiuta il privato. Nel medio periodo saranno da valutarne gli effetti sul mercato immobiliare, che potrebbero essere rivoluzionari specialmente in centri come Milano dove le aziende potrebbero ridimensionare drasticamente l’occupazione di uffici".

Se dovesse arrivare un nuovo lockdown totale?

"Bisognerà vederne la durata e quanto le misure governative potranno compensare. D’altra parte, come dicevo, l’assenza di restrizioni permetterebbe ai contagi di moltiplicarsi, innescando un circolo vizioso di paura che comunque bloccherebbe l’attività economica. La scelta quindi non è affatto tra chiusure con salvaguardia della salute da una parte, e libertà al prezzo di qualche decesso in più dall’altra".

Ma la Svezia...

"...A inizio pandemia la Svezia ha scelto di non imporre un vero e proprio lockdown, limitandosi a impartire raccomandazioni. Il risultato è pessimo perché, se confrontata con la Norvegia con cui confina, ha avuto un calo produttivo maggiore e dieci volte il numero di morti in proporzione alla popolazione. Quindi il governo svedese non ha protetto la salute dei cittadini e non ha nemmeno salvato l’economia".

Come potrà l’Italia far fronte all’enorme aumento della spesa pubblica e al simultaneo calo delle entrate fiscali?

"Il rapporto tra debito pubblico e Pil era in effetti già altissimo, intorno al 130%, prima della pandemia. Le stime attuali lo vedono in salita fino al 160%. Eppure una delle agenzie di rating, Standard & Poor, ha migliorato il cosiddetto outlook sull’Italia. In altre parole, non si aspetta un aumento del rischio di default e di conseguenza un aumento dello spread, ovvero del costo degli interessi sul debito".

a.fio.