"La mia collega me lo disse Il capo aveva cercato di toccarla"

Direttore d’albergo a processo per violenza sessuale su una cameriera: tanti i ’non ricordo’ della testimone

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di Alessandra Codeluppi

"La mia collega mi confidò che il responsabile dell’hotel ci aveva provato con lei nel suo ufficio, dov’era andata a provare una maglietta di servizio: lui aveva tentato di toccarla". È quanto ha riferito ieri in tribunale una giovane, sentita come testimone nel processo a carico del direttore di un albergo della Bassa: l’uomo è accusato di violenza sessuale nei confronti di una donna che lavorava come cameriera. Secondo quanto denunciato dalla ex lavoratrice, lui, adducendo pretesti legati al lavoro - provare magliette, vedere i turni di lavoro o firmare il modulo 730 - in diverse occasioni l’avrebbe chiamata nel suo ufficio, per poi chiudere la porta e commettere atti sessuali. Gli episodi contestati, in tutto cinque, sarebbero avvenuti tra il 9 e il 27 settembre 2015. In un caso, mentre la donna stava provando una maglietta fornita dall’hotel, lui l’avrebbe spinta contro un armadio, baciandola, alzandole la camicia e proseguendo con altri gesti sessuali. In un’altra occasione lui l’avrebbe denudata nella parte inferiore, palpeggiata e costretta a subire e ad assistere ad altre pratiche. Ancora, l’avrebbe baciata e le avrebbe abbassato pantaloni e slip, toccandola, per poi calare a propria volta i calzoni: questa volta avrebbe bussato una collega e la donna sarebbe fuggita rifugiandosi in cucina. Mentre la lavoratrice stava lavando i piatti, lui l’avrebbe sorpresa alle spalle e forzata a subire contatti intimi. Infine, un giorno, mentre lei stava pulendo gli armadietti negli spogliatoi, l’uomo sarebbe entrato per palpeggiarla.

Il processo è in corso davanti al collegio dei giudici presieduto da Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e Donatella Bove. Le indagini sono state condotte dal pm Valentina Salvi, che ha coordinato il lavoro dei carabinieri a cui la donna aveva sporto denuncia. L’imputato, un 50enne, è assistito dall’avvocato Nino Giordano Ruffini: in passato la difesa aveva fatto sapere di voler dimostrare l’infondatezza delle accuse. La donna non si è costituita parte civile. Dopo essersi soffermata sulla pesante confidenza ricevuta dalla ex collega, ieri la testimone ha detto una sfilza di "non ricordo", che ha indotto il pm Salvi a redarguirla più volte. Quando il pm ha ripercorso, verbale alla mano, le dichiarazioni fatte dalla testimone ai carabinieri nell’immediatezza del fatto, lei ha sempre ribadito di aver dimenticato, seppur si trattasse anche di dettagli molto precisi che le avrebbe riferito la presunta vittima. La cortina di oblio sembra calata su quasi tutto, salvo la chiamata che un responsabile di sala fece alle donne poco dopo il fatto.

Per il resto lei non conferma le dichiarazioni rese in passato, anche se rimarca: "Nel 2015 non ho detto bugie".