L’abbraccio con Gianfranco Zola: "Volevo rapirlo, ho cambiato vita"

L’incredibile storia di Fabrizio Maiello, ex detenuto Opg oggi testimionial di educazione alla legalità

L’abbraccio con Gianfranco Zola: "Volevo rapirlo, ho cambiato vita"

L’abbraccio con Gianfranco Zola: "Volevo rapirlo, ho cambiato vita"

Quando la riabilitazione funziona, e porta al riscatto e alla redenzione di un uomo, è una vittoria per tutta la società. Se poi la lunga risalita si trasforma in un progetto di vita dedicato al bene degli altri, allora assume ancora più valore, come nel caso di Fabrizio Maiello, 60enne di origine napoletane ma trapiantato a Reggio da decenni, ex detenuto dell’Opg.

Domenica, a Cagliari, ha incontrato l’ex campione del Chelsea e della Nazionale azzurra Gianfranco Zola. L’eccezionalità dell’accaduto sta nel fatto che, giusto 30anni fa, Maiello, invece di abbracciarlo come avvenuto domenica presso la comunità Emmaus, Zola intendeva rapirlo. Poi, come lo stesso Maiello ha ricordato: "Vidi qualcosa nei suoi occhi, mi salutò un sorriso affettuoso, che mi fece desistere". Benché nel corso del tempo la vicenda, anche dallo stesso Zola, fosse stata più volte rievocata, i due non avevano mai avuto occasione di incontrarsi. Poi, complice un record, e l’intercessione di un sacerdote, si è arrivati all’abbraccio di 48 ore fa.

Maiello, come è riuscito a incontrare Zola?

"Grazie a un’impresa sportiva. Da tre anni, a partire dal 2021, durante la ’Giareda’ palleggio col pallone per il maggior tempo e distanza possibili. Nel settembre scorso l’ho fatto per oltre un’ora e per due chilometri. La notizia è arrivata fino al Vaticano e don Moreno Buccianti, che è l’allenatore di una selezione internazionale di sacerdoti e suore, e una di esse, suor Silvia Carboni, amica di infanzia di Zola, mi hanno contattato e abbiamo organizzato l’incontro".

Come simbolo del passaggio tra l’uomo che era un tempo e quello che è oggi?

"Per chiudere un cerchio. Ci sono stati tanti passaggi ma, il mio percorso di redenzione è iniziato quando ho visto, quel giorno del 1994, negli occhi di Zola un’aurea di serenità che mi ha fermato quando avevo già la pistola dietro la schiena pronto a puntargliela addosso".

A chi, o cosa, deve il cambiamento che l’ha trasformata nell’uomo che è oggi?

"Non certamente al carcere, se fossi rimasto in galera oggi non sarei qui a parlare con lei probabilmente. In Opg invece ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno voluto bene e si sono fidate di me, a partire dalla direttrice del tempo la dottoressa Calevro, da Daniela, l’infermiera che si è innamorata di me, fino al comandante della Penitenziaria Vito Bonfiglio all’assistente Montici. Hanno saputo fare la differenza e aiutarmi a passare dall’inferno alla rinascita. E poi c’è stato Giovanni… "

Chi era?

"Un detenuto come me. Aveva gravissimi problemi di salute, e secondo molti poco tempo da vivere. Ho iniziato a prendermene cura, in tutte le incombenze quotidiane, lavandolo, dandogli l’ossigeno. È uscito vivo da lì, ed è quella la mia vittoria più grande. Anche perché nessuno ci credeva; gli altri detenuti mi dicevano di non perdere tempo con lui. Mi ha aiutato molto anche l’opera dell’Uisp,che portava lo sport in Opg grazie all’impegno del presidente Azio Minardi".

L’incontro tra Maiello e Zola ha avuto una fortissima eco anche sui media nazionali. La vicenda umana di Fabrizio Maiello – oggi impegnato in tanti progetti di educazione alla legalità, con la Uisp e con l’associazione Libera – è raccontata anche nel libro ’Nel carcere dei matti e delinquenti - l’ultimo record’ di Franca Garreffa docente universitaria di Sociologia della devianza.