Reggio Emilia, battaglia sul testamento di Agazzani. Marco Lusetti verso il processo

L’ex leghista ha sempre gridato la sua buona fede

Marco Lusetti

Marco Lusetti

Reggio Emilia, 16 giugno 2018 - Lui ha sempre detto di aver agito in buona fede, di non aver falsificato alcunchè: nè prima, nè durante, nè dopo. Lo ha ribadito di recente, tramite una memoria depositata dopo la chiusura dell’inchiesta lo scorso febbraio. Ma il sostituto procuratore Maria Rita Pantani non crede a Marco Lusetti e adesso, con citazione diretta in aula dibattimentale, si accinge a portarlo in giudizio contestandogli le imputazioni di falsità in testamento olografo e truffa: è la svolta per l’inquietante vicenda esplosa dopo lo sconvolgente suicidio del critico d’arte Alberto Agazzani la notte del 16 novembre 2015 nell’appartamento di via Farini da lui condiviso con i due amatissimi gatti.

Lusetti: personaggio famoso nel Reggiano, al pari di Agazzani. Pittore e consulente, 44 anni, Lusetti è stato vicesindaco della Lega Nord a Guastalla e dirigente di primissimo piano. Fino alla rottura con il leader Angelo Alessandri, allora deputato: scontro che spinse Lusetti a depositare l’esposto all’origine del clamoroso processo sui rimborsi finito poche settimane fa in una bolla di sapone (era imputato anche lui, prescrizione). Battagliero, Lusetti: uscito prosciolto da un’altra inchiesta per abuso d’uffico e truffa innescata dal presidente dell’Enci (l’ente nazionali cinofilia di cui Lusetti era stato a suo tempo commissario), un anno fa l’ex leghista contrattaccò annunciando che avrebbe controdenunciato per calunnia il presidente Enci e chiesto i danni ad Alessandri per essere stato espulso dal partito.

E ora il caso del testamento olografo (cioè scritto personalmente dal testatore): la firma di Agazzani è stata ritenuta falsa dalla consulente grafologa incaricata dal pm di analizzarlo meticolosamente. In quel testamento, il critico d’arte nominava proprio erede universale Lusetti. L’atto fu portato dal notaio per la pubblicazione il 17 dicembre 2015. L’accusa di truffa nei confronti di Lusetti è motivata, secondo il pubblico ministero, dall’aver compiuto un raggiro portando il testamento davanti al notaio Giorgia Manzini per la pubblicazione, inducendo in errore sulla reale volontà testamentaria di Agazzani sia il notaio (è un pubblico ufficiale) che procedeva alla pubblicazione, sia i legittimi eredi. Lusetti conseguì («ingiustamente», per il magistrato inquirente) il possesso di tutti i beni del defunto, tra cui libri d’arte, vestiti, scarpe firmate, una pelliccia, stampe, quadri, tele, dipinti di Gianni Ruspaggiari. Opere oggetto tuttora di sequestro preventivo decretato dal gip il 16 febbraio di due anni fa. E poi, grazie a quel testamento, per l’accusa Lusetti avrebbe cercato di entrare in possesso di oggetti in realtà donati in vita ad altra persona, «con ingiustio profitto ai danni degli eredi, a quella data, unici legittimati, quali la sorella Teresa Agazzani». La pm contesta l’aggravante del danno patrimoniale di ingente entità.

NEI GIORNI in cui scoppiò il caso testamento, Lusetti - che è assistito dall’avvocatessa Erica Romani - replicò sostenendo che «quel documento esprime in modo assolutamente veritiero le volontà testamentarie di Alberto Agazzani». Scriveva poi Lusetti che «già una volta mi hanno descritto come il ‘mostro’ di turno; dopo quell’esperienza conclusasi totalmente a mio favore, accertando la mia completa onestà, nulla può più stupirmi, ed ora come allora, avendo agito nella totale trasparenza e buona fede, ne uscirò a testa alta e senza ombre». Ora si profila per lui il dibattimento in un’aula di tribunale, senza passare dal gip per via della citazione diretta. Scrisse ancora Lusetti, quasi fosse una sfida: «Alberto da lassù sta ridendo di questa situazione e ‘maledicendo’ tutti coloro che con il loro agire mettono in dubbio le sue reali volontà». La giustizia non teme scomuniche.