«La paziente morì per una diagnosi tardiva e sbagliata: l’ospedale paghi 400mila euro»

L’odissea di una 85enne al pronto soccorso. Il giudice condanna il Santa Maria a risarcire anche il funerale

L’azienda Samta Maria Nuovo dovrà coprire anche le spese per il funerale dell’anziana paziente

L’azienda Samta Maria Nuovo dovrà coprire anche le spese per il funerale dell’anziana paziente

Reggio Emilia, 24 aprile 2016 – Un risarcimento di oltre 400mila euro, più interessi, comprese le spese funerarie. È a quanto ammonta la somma che l’azienda ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio dovrà pagare alle figlie di una donna morta il 24 novembre 2008, a 85 anni.

Il giudice Simona Boiardi, con una sentenza civile dell’11 marzo scorso, ha infatti messo nero su bianco «la responsabilità del personale dell’ospedale» nel decesso dell’anziana; perché «una diagnosi tempestiva e l’intervento chirurgico avrebbero probabilmente salvato la vita della signora», si legge nelle carte.

La vicenda. Tutto comincia il 23 novembre 2008, quando la signora (non ne riveleremo l’identità per tutelare la riservatezza dei familiari) si trova a casa di un’amica. Improvvisamente crolla a terra a causa di un mancamento e inizia a lamentare dolore toracico e alla testa, oltre ad avere un ematoma sollo zigomo sinistro.

Viene subito chiamata l’ambulanza e la donna entra al pronto soccorso alle 20.44; le due figlie consegnano ai sanitari la documentazione medica relativa alla preesistente situazione di salute della madre, spiegando anche della caduta. «Si presentava con una diagnosi di aneurisma aortico già formulata e documentata dal referto di esami ecografici, il più recente dei quali datato un mese prima», scrive il perito.

Ma alla donna viene assegnato un codice verde e viene fatta distendere su una barella nel corridoio, nonostante lamentasse dolori dorsali insopportabili.

Passano oltre due ore e alle 22,49, dopo anamnesi e visita medica, vengono effettuati esami, ulteriori accertamenti e indagini cliniche. Alle 23,45 viene sottoposta alle analisi del sangue e, mentre si trova seduta sulla carrozzina in attesa del risultato degli esami, improvvisamente perde conoscenza e viene trasportata da una delle figlie e da un’infermiera all’interno di un ambulatorio medico dove mezz’ora dopo la mezzanotte viene dichiarato il decesso per «shock cariogeno per tamponamento cardiaco in portatrice di aneurisma dell’aorta ascendente».

Secondo il consulente medico legale di parte ci sono «gravi responsabilità del personale medico del pronto soccorso per imprudenza, imperizia e negligenza nella cura del paziente».

In sostanza, secondo il tecnico, il medico del pronto soccorso ci avrebbe messo troppo tempo anche per un codice verde (previsti 65 minuti, non due ore). Non solo, non avrebbe nemmeno «preso in considerazione la patologia di base della paziente (ampiamente documentata dai familiari)», riporta la sentenza. E la «mancata corretta diagnosi della dissecazione aortica ha impedito l’intervento chirurgico che sulla base del criterio ‘del più probabile che non’ avrebbe potuto impedire la morte».

L’ospedale – rappresentato dall’avvocato Franco Mazza – si è difeso dicendo che «anche in caso di tempestiva e corretta diagnosi non ci sarebbe stato il tempo per intervenire chirurgicamente, d’urgenza, nel reparto di cardiochirurgia di riferimento alla casa di cura Salus». Ma, obietta il giudice, «il tempo intercorso fra l’accesso al pronto soccorso (20,44) e il decesso (00,30) fa ritenere ragionevolmente e concretamente possibile un intervento chirurgico d’urgenza anche previo trasferimento in altra struttura sanitaria nella stessa città».

Le due figlie (assistite dall’avvocato Marcello Fornaciari) – che non hanno mai avviato una causa penale – dopo quasi otto anni dalla tragedia si sono quindi viste riconoscere il risarcimento civile da parte del giudice, che ha ritenuto come «il danno non patrimoniale subito in conseguenza della morte della madre sia significativo».

In particolare, sono stati assegnati quasi 196mila euro alla figlia che conviveva con l’anziana e quasi 185mila all’altra; coperte poi le spese funerarie di 4mila euro (più interessi) e altri 20mila euro per spese di lite. Un totale di oltre 400mila euro, a carico dell’azienda ospedaliera reggiana.