Mescolini, l’accusa del Csm: "Incompatibile, Le chat compromettono la sua credibilità"

Nelle motivazioni della Prima commissione anche le deposizioni di 4 pm reggiani: "Non volle indagare Vecchi, nonostante le richieste"

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di Alessandra Codeluppi

Le chat intercettate nel caso Palamara, ma non solo. I contrasti con i pm sulla scelta di indagare o meno il sindaco Luca Vecchi. E sui tempi delle iniziative giudiziarie, a loro dire "condizionati" da quelli delle elezioni. C’è tutto questo, nella delibera che la Prima commissione del Csm proporrà il 24 febbraio al plenum, che deciderà sul procuratore capo Marco Mescolini. Si propone di trasferirlo in una sede al di fuori della regione, ravvisando l’incompatibilità ambientale. Perché? "La pubblicazione delle chat tra lui e Palamara ha compromesso la sua credibilità sul territorio". Si citano le intercettazioni di cui diede notizia il Carlino, "tra Palamara e il giudice reggiano Gianluigi Morlini e tra Palamara e il pm Roberto Ceroni di Bologna: è emerso chiaramente come la nomina di Mescolini sia stata sponsorizzata per far crescere il comune gruppo associativo (Unicost, ndr)". E si cita anche la battaglia del politico di Forza Italia Giovanni Paolo Bernini, prosciolto in ‘Aemilia’. "Si è ingenerato nei colleghi e nella collettività il dubbio che la direzione delle indagini come procuratore sia avvenuta in base a convincimenti politici".

Le chat. Sentita al Csm, il pm Maria Rita Pantani, uno dei tre pm reggiani firmatari dell’esposto, riferisce che nel maggio 2020, dopo la pubblicazione delle chat sul Carlino tra il giudice Morlini e Palamara, Mescolini convocò i pm, ma a causa dello scarso preavviso parteciparono solo in tre: "Il procuratore giurò di non aver mandato nessuna chat e di non conoscere quasi Palamara". Ma poi, in agosto, uscirono le chat tra Mescolini e Palamara: "La Procura fu additata di benevolenza verso una parte politica: il Partito democratico. L’ufficio percepì l’attacco giornalistico come violento, anche perché era in corso un’indagine sui bandi del Comune che vedeva indagati il sindaco e assessori del partito. Mescolini non ritenne di convocare una riunione con noi. Rilasciò un’intervista in cui parlò solo di sé, dicendo di sentirsi sereno, ma non tutelò l’immagine dell’ufficio". I pm Pantani, Isabella Chiesi, Valentina Salvi e Giulia Stignani decisero di inviare un esposto al Csm. I pm Giacomo Forte e Piera Giannusa, "pur condividendo in gran parte le ragioni, si dissero disponibili a essere sentiti al Csm". Mentre i tre pm di nuova nomina "non hanno firmato ritenendo di essere troppo inesperti". Ma il giovane pm Marco Marano ha poi raccontato al Csm di aver proposto al procuratore "una riunione coi pm e una conferenza stampa per difendere la Procura".

‘Angeli e demoni’. Secondo il pm Isabella Chiesi, nell’inchiesta sugli affidi dei bambini "si dovevano fare le notifiche degli avvisi di fine indagini a gennaio (2020, ndr), ma Mescolini non voleva perché c’erano le elezioni regionali. Il pm titolare Valentina Salvi si impose, ma poi venne lasciata sola nella conduzione delle indagini, senza neanche un coassegnatario".

‘I bandi del Comune’. Il pm Salvi ripercorre alcuni "scontri" con il capo. Come sul sindaco Luca Vecchi: "Il procuratore aveva chiesto, a fronte di una precisa denuncia della polizia giudiziaria, di non iscrivere i soggetti la cui posizione indiziaria appariva debole, e fra questi il sindaco Vecchi, ma di fare provvedimenti di non iscrizione motivati". Circostanza confermata anche dal pm Giulia Stignani. Altra divergenza, le perquisizioni negli uffici comunali: "Il procuratore aveva insistito per rinviarle perché erano prossime le elezioni. Furono eseguite mesi dopo. Il giorno seguente Mescolini dichiarò in conferenza stampa che i pm titolari non avevano voluto turbare il voto. Ma i pm rimasero stupiti e dispiaciuti, perché non coinvolti in una decisione che non condividevano". Infine, l’avviso di fine indagini: "Pur dovendo solo apporre un visto, andò in ferie e soltanto in agosto, dopo la pubblicazione delle chat, rientrò e mise il visto".

La difesa. Mescolini ha sostenuto di essere "vittima di un mero sospetto": "I messaggi inviati a Palamara erano solo volti a conoscere i tempi della definizione della pratica, perché volevo portare a termine il processo ‘Aemilia’". Ma la Prima commissione respinge questa tesi. E cita il messaggio inviato da Mescolini a Palamara il 21 febbraio 2018: "Dobbiamo votare oggi, se riesci...": frase ritenuta "in contraddizione rispetto a quanto dichiarato alla Prima commissione da Mescolini, cioé che voleva procrastinare il momento del plenum per portare avanti il processo ‘Aemilia’. Il ritardo nel fissare la pratica nel plenum, come riferito anche dal procuratore generale della Corte d’Appello, dipese dalla scelta di portare come proposta unica Alfonso D’Avino per il posto di procuratore capo a Parma e Mescolini per Reggio, cosa che avverrà il 4 luglio 2018".