"Si balla ovunque, ma in discoteca è vietato"

La rabbia di Caterina Reverberi, presidente del Silb-Confcommercio: "Una disparità oltraggiosa per chi ha un locale e lavora seriamente"

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E’ ripartito tutto. O quasi.

Le discoteche infatti restano ancora al palo.

Nella pratica è così: al momento possono aprire, ma solo per organizzare aperitivi o appuntamenti da cocktail, non certo per ballare. Una vera e propria ripartenza per questa categoria è stata pronosticata per il primo luglio prossimo.

Questo, almeno, è quanto emerso dopo l’incontro tra i rappresentanti dei gestori e il sottosegretario al Ministero della salute, Andrea Costa.

Si era parlato di un protocollo che definisse le linee guida su come procedere, da stilare nell’arco di 48 ore e presentare al Cts per l’approvazione. L’idea di partire il primo di luglio, così da avere buona parte della popolazione giovane vaccinata e con il green pass alla mano, ha senso.

L’attesa però si sta facendo davvero snervante.

A riferirlo è la presidente di Silb Confcommercio Reggio, Caterina Reverberi, che gestisce il Redas di Montecchio. "Siamo basiti - commenta -. Stanno aprendo tutto e facendo ballare ovunque, tranne che nei locali da ballo. Lungo i bagni in riviera, tanto per citare un esempio, ci sono schiere di ragazzi senza mascherina, che bevono a banco e si comportano esattamente come farebbero in discoteca, impuniti e non controllati".

Lo stesso si potrebbe dire dei ricevimenti, dopo le cerimonie civili o religiose. Eventi che possono essere una tantum, ma nelle modalità non si discostano da una sala da ballo. Una disparità di trattamento che la presidente giudica "oltraggiosa per chi ha una licenza e fa questo mestiere da anni, in modo serio. Non mi pare tra l’altro che i contagi, l’anno scorso, siano scoppiati appena dopo l’estate, ma piuttosto in autunno inoltrato". In poche parole: lavoratori di serie B. Così si sente chi, di questo mestiere, ci vive. Oltre al fatto di rimanere, tuttora, in un equilibrio precario che aspetta certezze, protocolli, regole a cui attenersi.

"Aprire con determinate regole, almeno quelle impostate al momento, è difficile - continua Reverberi -. Poter contare solo su metà della capienza, con tutti i distanziamenti del caso. E comunque devi avere lo spazio per far stare le persone fuori, all’aria aperta. Io ad esempio non riaprirò perché ho un locale invernale".

La ‘ciliegina sulla torta’ sono tutti quegli aspetti informali, che non si vedono nero su bianco, tra le carte di un protocollo. Come la reale gestione di orde di ragazzi, privati di quasi tutti gli svaghi da oltre un anno, che arrivano in discoteca e viene loro chiesto di tenere la mascherina indossata. O di stare distanziati. Si aggiunge la paura di vedere, come un deja-vu, ripetersi l’esito dell’estate 2020, in cui "le discoteche erano la causa dei contagi e i gestori venivano visti come untori - chiude Reverberi -. Questo pensiero è una spada di Damocle che non se ne va".

Giulia Beneventi