Stupro a Reggio Emilia, abusi sulla nipotina. Assolto lo zio disabile

La sentenza: "Incapace di intendere e di volere". Ma l'orco resterà in una struttura perché "socialmente pericoloso"

Violenza su minori

Violenza su minori

Reggio Emilia, 4 settembre 2018 - E' stato assolto in abbreviato il 57enne disabile accusato di aver violentato la nipotina. «Incapace di intendere e di volere». Questa la motivazione del giudice Luca Ramponi. Ma lo zio orco resterà comunque dentro una comunità di recupero perché ritenuto «socialmente pericoloso». 

La sentenza è arrivata ieri nel tribunale di Reggio. La bimba vittima degli abusi – Anna, nome di fantasia – aveva sei anni all’epoca dei fatti. Tutto inizia nel 2010 quando abitava in un paesino della Val d’Enza. Ma di anni ne passano tre prima che lei inizi a confidare tutto alla sua maestra.

«Lo zio mi segue in bagno...», raccontò. E poi ancora: «L’ho detto alla mamma», spiegherà nell’incidente probatorio del 2015. Viene così aperta un’inchiesta (la madre e sorella del disabile, si trova alla sbarra in un processo a latere per aver taciuto). Nell’immediatezza delle indagini l’uomo – dichiarato invalido all’80% – viene arrestato per poi essere trasferito in una struttura sociale di Rimini. Nel frattempo l’uomo ammette parzialmente i fatti. Le visite mediche sulla bambina avrebbero confermato: «Lesioni dovute ad abusi sessuali ripetuti».

Passano i mesi e il procedimento penale si inceppa più volte. Spunta la prima perizia sull’imputato: «L’uomo non è in grado di poter partecipare a un processo». Trascorsi sei mesi, arriva la seconda perizia di tesi opposta: «L’imputato è capace di assistere».

Quindi, si ricomincia con l’ennesima udienza preliminare davanti al giudice e al pm Valentina Salvi. Per conto della piccola il legale Marco Scarpati che si è costituito parte civile per i servizi sociali della Val d’Enza. Infine una terza perizia che dichiara la totale incapacità di intedere, ma parzialmente di volere. La partita si gioca dunque sulla pericolosità sociale, riconosciuta poi dal giudice. E così la sentenza: assoluzione, ma obbligo di residenza nella struttura sociale.