Elezioni amministrative 2019, sindaco-choc a Cavriago. "Non mi ricandido"

Burani non correrà per il secondo mandato, ora i grillini possono vincere. Fine di un'epoca per la 'Piccola Pietroburgo', dove ancora resiste in piazza il busto di Lenin

Paolo Burani

Paolo Burani

Cavriago (Reggio Emilia), 1 dicembre 2018 - Lo sguardo bronzeo di Lenin prova a sostenere la vista, e l’impatto, di ciò sta accadendo nella sua ‘Piccola Pietroburgo’. Ma è difficile. Il busto continua a ergersi in piazza, la sua carica simbolica resiste, eppur tutto, intorno a lui, si sta sgretolando.

Come la certezza del voto rosso nel suo ex avamposto in terra occidentale, Cavriago, che si tramandava da sindaco a sindaco, tutti ovviamente fedeli alla linea. Un piccolo sussulto Lenin lo aveva avuto nel 2014, quando fu Paolo Burani a vincere le primarie del Pd e a candidarsi poi alla fascia tricolore, il primo a indossarla, dopo una militanza nella Dc e nella Margherita.

Il rosso, seppur già sbiadito, poteva contare nella sfumatura comunque rosata del Pd. Ma già da questa primavera il vento è cambiato, con la vittoria alle politiche del M5s: lieve sorpasso alla Camera (32% contro 31%), e pareggio al Senato (30,7% a testa), ma tanto è bastato per parlare di svolta.

Il sindaco Burani, amministratore e politico di lungo corso, ha annusato l’aria. Seppur il recente referendum sulla costruzione o meno della nuova scuola, in paese, lo avesse consacrato come vincitore senza dubbio, e potesse anche essere letto come un test su una sua possibile vittoria alle prossime amministrative del 2019, lui ha preferito ritirarsi prima.

E, «in una lettera ai miei concittadini», pubblicata sul periodico del Comune, ‘Paese nostro’, annuncia che non si ricandiderà al secondo mandato, «un automatismo - scrive - che non ha più senso». Non è solo un fatto che riguarda il paese, leggendo le parole di Burani, ma che si colloca nelle lacerazioni di un partito distrutto alle ultime elezioni e dilaniato nelle correnti, mentre pure la Cgil, a Reggio, ha mandato a casa il segretario ricandidato in pectore.

«I cittadini chiedono cambiamenti profondi ancor di più a chi ritiene portatore degli ideali dell’area riformista, progressista, di centrosinistra del nostro Paese. Troppe volte, negli ultimi anni, si è cambiato solo a parole», scrive Burani, vicino al ‘rottamatore’ Matteo Renzi.

Fa una lunga disamina sulla «radicale trasformazione della vita amministrativa dei nostri comuni. I social network sono diventati la fonte della verità, mentre i ragionamenti e le soluzioni sono degli amministratori sono considerati frutto di pochi, neanche tanto competenti e lontani dalla realtà».

Ma non finisce qui. Il sindaco uscente parla di «debolezza della politica e dei partiti». E si leva qualche sassolino, per non dire masso, nei confronti del Pd. «Oltre all’opposizione il Comune ha dovuto fronteggiare anche gli oppositori interni e si è dovuta difendere da coloro che dovevano aiutarlo. Ciò non ha fatto altro che aumentare la solitudine e la difficoltà del sindaco». Quante nostalgia dei partiti di una volta, delle certezze di bronzo. Sì, fischia il vento e infuria la bufera