Sgarbi incanta alla Ghiara e invita: «Reggiani, valorizzate di più la vostra città»

L’istrionico critico d’arte ha fatto lezione alla Basilica, svelandone segreti e tesori

Il noto critico d’arte  alla Basilica della Ghiara

Il noto critico d’arte alla Basilica della Ghiara

Reggio Emilia, 24 maggio 2018 – Si avvicina lentamente a un dipinto, Vittorio Sgarbi, al termine della sua intensa e vibrante lezione nel Santuario della Beata Vergine della Ghiara, una delle attrazioni principali dell’iniziativa Panorama d’Italia. In mano ha una piccola torcia per illuminare i punti più caratteristici della tela, eseguita da Luca da Reggio, da lui decantato poco prima, insieme ad altre meraviglie della nostra città.

Non si capacita, il critico d’arte, di come Reggio non sia conosciuta ai turisti, che vi transitano così, spesso di passaggio, in attesa di approdare nelle vicine Bologna e Modena. «Eppure qui io sto benissimo. Se non fossi ferrarese, vorrei essere reggiano», dirà, in mezzo a fragorosi applausi, mercoledì sera nella Basilica straripante di gente. Sold out, il Santuario è stato l’oggetto della conferenza, a chi è seguita una passeggiata, del critico più noto d’Italia, protagonista di una dissertazione che ha toccato tutti gli ambiti dello scibile umano, condensati in 45 minuti, come suo solito. Politica, religione, arte, architettura, turismo e chef stellati (il riferimento è a Bottura, attrattivo al pari di una Ferrari o di una Lamborghini, ormai): questi i punti cardinali in cui Sgarbi ha orientato il suo pensiero. «Non tutti, però, sono in grado di stare sulla stessa lunghezza d’onda in cui si muovono le sinapsi di Sgarbi», osserva una spettatrice. È dura stargli dietro. Si sa.

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«Avete Novellara, le tele di Alfonso Chierici, Quattro Castella, stazione turistica talvolta più rinomata di Reggio. Vantate perfino un lambrusco pregiato. Non conoscere Reggio è una perdita». E di nuovo un salto a piè pari nel suo mondo: «Se voi pensate, a Luca Ferrari è capitato lo stesso destino di Andrea Mantegna: essere dimenticato. Non se lo ricordava più nessuno. Quando lo cercate su Google, esce Mantegna, una parola che evoca le olgettine». Non risparmia affondi sulla religione: «Noi siamo cristiani, come diceva Benedetto Croce, e per fortuna. Pensate alla malinconia di essere musulmani. Il Papa di oggi è molto complesso, ma sa che Dio è uno e di conseguenza si incarna nelle diverse identità religiose e culturali. Ma se Dio è una figura univoca, egli ha creato anche i due miliardi di musulmani che abitano il pianeta e fra cui c’è quello che vi ucciderà. Quando io sento un preside che vuole togliere il crocefisso dalle aule, ecco io vorrei cacciarlo a pedate. Ma come? Togli la croce, e lasci il medaglione di Scalfaro e la foto di Mattarella? Che non sappiamo se è vivo», ride sarcastico, insieme alla folla.

«Non so davvero il motivo per cui Reggio non si sappia vendere – aggiungerà al momento di firmare gli autografi sul suo ultimo libro, circondato da persone osannanti, compresi teenager che chiedono un selfie – qui è nato il più grande poeta di tutti i tempi, Ludovico Ariosto. Ai musei civici è racchiusa la Collezione Spallanzani, una delle più importanti per tematica, ma per favore: fermate Italo Rota! Uno degli architetti italiani più pericolosi del momento». L’invito è di soffermarsi, piuttosto, su Alessandro Tiarini, uno dei tesori della Ghiara, e sulla di lui Madonna nella sua rappresentazione miracolistica, nell’abside. Che denota l’importanza di questo tempio. «Attenzione alle piazze, ne avete di bellissime. Valorizzatele. Sono il frutto di un’identità urbanistica assolutamente straordinaria, che si estende da piazza Prampolini a piazza Fontanesi, fino alla piccola piazza Casotti».