Albergatore non paga la tassa rifiuti Comune parte civile al processo

L’amministrazione cerca di recuperare 900mila euro nel procedimento contro la famiglia D’Amico. L’assessore Magrini: "Risorse che sarebbero servite per sostenere aziende alle prese con super bollette"

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Hotel gestiti senza pagare tasse, bollette e contributi: il Comune di Rimini parte civile nella causa fallimentare. Palazzo Garampi tenta il recupero delle somme non conferite per la tassa rifiuti, circa 900mila euro. Lo segnala l’assessore alle attività economiche e al bilancio Juri Magrini: "E’ notizia di ieri la sentenza di condanna – attacca – emessa nei giorni scorsi dal Gip del Tribunale di Rimini nei confronti di alcuni dei protagonisti dell’inchiesta Calypso, portata a termine nel 2019 dalla Guardia della Finanza e dalla Procura di Rimini, e che ha portato all’emersione di un maxi raggiro condotto da un imprenditore del settore alberghiero e dalla sua famiglia ai danni del Fisco e, tra gli altri, del Comune di Rimini". Un vero vaso di Pandora.

Quello che avevano messo in piedi Mauro D’Amico, imprenditore 69enne originario di Teramo ma trapiantato nel Riminese, insieme ad alcuni familiari, alla guida di un piccolo impero di alberghi in riviera, era un meccanismo di raggiro che, secondo l’accusa, ha portato le persone coinvolte ad accumulare ricchezze per circa 14 milioni di euro attraverso l’impiego di denaro o beni di provenienza illecit,a attraverso la costituzione di svariate nuove società che duravano il tempo di una stagione, e che servivano per gestire alcune strutture alberghiere del territorio. Società che ‘svanivano’ come ectoplasmi, senza versare tasse, contributi, bollette.

"Per questa ragione – prosegue Magrini – il Comune di Rimini si è costituito parte civile nella causa fallimentare, rivendicando mancati incassi da Tari pari a circa 900mila euro. Novecentomila euro indebitamente sottratti alla comunità, che sono un’offesa a chi regolarmente versa imposte e tasse e che sono ancor più uno schiaffo in questo periodo storico. Risorse che sarebbero potute servire ad esempio al Comune per aumentare il fondo a sostegno delle imprese alle prese con bollette stellari. O ancora, ad ampliare gli aiuti e i contributi per il diritto allo studio". Va ricordato che nell’emanare la sentenza di due anni e otto mesi anche ai due figli e alla moglie di D’Amico, proprietario delle strutture ricettive, il giudice ha però respinto la richiesta di risarcimento che era stata avanzata dalle parti civili, tra le quali Hera, l’Agenzia delle entrate e la curatela fallimentare di due società. Disponendo la confisca dei beni inizialmente sequestrati. Ma Palazzo Garampi, evidentemente, non demorde.

Dopo aver ringraziato forze dell’ordine e inquirenti per il grande lavoro svolto e i risultati ottenuti, l’assessore evidenzia come "situazioni come questa siano il frutto oltre che dell’atteggiamento criminale di chi le compie, anche di alcune lacune di un sistema legato all’apertura delle nuove società che se da una parte rende più flessibile il mercato dall’altra favorisce o comunque non ostacola questo genere di illegalità, soprattutto per quanto riguarda il comparto alberghiero". Magrini chiede di creare dei tavoli operativi, "attorno ai quali far sedere tutti i soggetti – forze dell’ordine, ispettorato del lavoro, in generale gli organi di controllo e gli enti locali – per tenere alto il monitoraggio e prevenire queste forme di irregolarità, e soprattutto di intervenire in maniera tempestiva a contrasto di chi si fa beffe della legge a discapito dell’offerta turistica, dell’imprenditoria sana del territorio e non da ultimo delle risorse della comunità".

Dal 2017 al 2021 ammonta a ben 65,4 milioni di euro la somma complessiva dell’attività di recupero dell’evasione fiscale e tributaria per Tari, l’Imu, imposta comunale sulla pubblicità e imposta di soggiorno da parte di Palazzo Garampi; di questi per la sola Tari recuperati 33 milioni; 1,6 milioni dal recupero della tassa di soggiorno.

Mario Gradara