Anziani segregati e maltrattati, imprenditrice finisce a processo

La donna avrebbe approfittato di soggetti fragili, sottraendo loro soldi e lasciandoli in casa al freddo. Fra le vittime, oltre alla propria madre, anche un ex professore universitario cieco di 81 anni

Sempre più anziani vittime di raggiri e maltrattamenti

Sempre più anziani vittime di raggiri e maltrattamenti

Rimini, 2 ottobre 2022 - Secondo gli inquirenti, avrebbe costretto due anziani (tra cui la sua stessa madre, affetta da demenza senile) a vivere per anni in una casa senza acqua calda né riscaldamento, in mezzo alla muffa, i panni e le lenzuola sporche, tra continue minacce e vessazioni. Un vero e proprio lager, dal quale alle vittime non era permesso in alcun modo uscire. Una storia che ha dell’incredibile, quella svelata dai carabinieri della stazione di Riccione, coordinati dal sostituto procuratore Davide Ercolani, che nel 2020 erano andati ad arrestare Fatima Sebastianelli, 48 anni, una sedicente imprenditrice di origine svizzera, residente a Senigallia. Difesa dall’avvocato Piergiorgio Campolongo, la donna si trova alla sbarra, accusata di maltrattamenti e appropriazione indebita.

Nell’udienza in programma domani in tribunale, il giudice Raffaele Deflorio dovrà decidere se condannarla o meno per i reati contestati. A costituirsi parte civile nel procedimento, assistito dagli avvocati del Codacons (Carlo e Vincenzo Rienzi), anche uno degli anziani che sarebbero stati segregati in casa per quasi sei anni (dal 2014 al 2020) dall’imprenditrice. Si tratta di Urbano Stenta, 81enne non vedente dalla nascita, professore universitario, consulente del Ministero degli Esteri e rappresentante italiano presso l’OMS, un’autorità nel campo delle politiche per la disabilità. Stenta ha raccontato agli inquirenti di essere stato avvicinato dalla 48enne che, in poco tempo, sarebbe riuscita a carpire la sua fiducia, con la promessa di coinvolgerlo in presunti affari e operazioni finanziarie.

L’anziano avrebbe accettato di seguirla fino all’appartamento sito nel Riminese: lì avrebbe avuto inizio il suo lungo calvario. Una volta sequestrato il cellulare, sarebbe rimasto confinato per mesi e mesi e poi per anni nell’abitazione, con la donna che – a detta della vittima – avrebbe fatto leva sulla sua condizione di non vedente e sulla necessità di medicinali per impedirgli la fuga, sfruttando anche la complicità di altre persone. Dietro, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stata una precisa strategia criminale, che prevedeva di avvicinare persone in difficoltà, conquistando la loro fiducia per poi esercitare pieno controllo sulle loro vite. All’uomo era concesso uscire di casa solo per accompagnare la 48enne in banca a prelevare la pensione: somme di denaro che però sarebbero finite direttamente nelle tasche della presunta carceriera. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, a Stenta sarebbero stati spillati nel corso del tempo oltre 100mila euro, ma il suo nome sarebbe stato impiegato anche per avere accesso a prestiti di denaro. Nell’udienza in programma domani, "il giudice penale di Rimini dovrà emettere la sentenza sulle accuse di maltrattamenti e appropriazione indebita", scrive il Codacons in una nota.