Aziende strozzate dal caro bollette Due su tre abbassano i riscaldamenti

L’indagine di Confindustria: la spesa per l’energia è aumentata del 185%, quella per le materie prime del 44%. Molte imprese saranno costrette ad aumentare i prezzi dei prodotti. "Lo scenario attuale è insostenibile"

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di Giuseppe Catapano

Due azioni per contrastare l’aumento delle bollette. Perché l’industria fa i conti con le pesanti conseguenze del caro energia. Da una parte gli imprenditori cercano di abbattere i costi: visto che l’inverno è alle porte, una soluzione può essere tagliare le spese per il riscaldamento. Lasciando gli stabilimenti un po’ più al fresco. Dall’altra si dovrà aggiornare (verso l’alto, naturalmente) il listino prezzi. Ecco le azioni che due aziende su tre pensano di mettere in pratica: abbassare il riscaldamento sui luoghi di lavoro, rivedere i prezzi. È quanto emerge da un’indagine del centro studi di Confindustria Romagna condotta a metà ottobre tra gli associati delle tre province. Al sondaggio hanno risposto un centinaio di attività di ogni settore e dimensione che nel terzo trimestre del 2022, rispetto al medesimo periodo del 2021, hanno subito in media un rincaro dei costi energetici del +185% e delle materie prime del +44%. In un contesto così complesso, il 69% degli imprenditori pensa di intervenire sui prezzi, il 52% sull’efficientamento energetico e il 14% rafforzerà i rapporti tra le filiere.

Per quanto riguarda l’organizzazione interna del lavoro, il 63% delle imprese dichiara di aver ridotto o prevede di ridurre la temperatura in uffici e stabilimenti. Diverse aziende stanno inoltre rivedendo gli orari (10%) e i turni (11%). A questo proposito anche il ricorso allo smart working, già testato durante la pandemia, viene ritenuto uno strumento valido (17%) insieme al monitoraggio degli sprechi (17%). Il trend di Rimini è in linea con quello romagnolo. Perché tutte le aziende fanno i conti con i rincari e la preoccupazione per il futuro è condivisa. "Ma nelle risposte – osserva Roberto Bozzi, presidente di Confindustria – intravediamo, nonostante tutto, una nota positiva che prescinde dal contesto internazionale: fiducia nei collaboratori, rapporti consolidati con i clienti e i fornitori, ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Tutti elementi che fanno sì che le aziende non attendano solo interventi di aiuto esterno, ma attingano a forze interne: quella che oggi chiamiamo resilienza. Investimenti, innovazione e ricerca di personale qualificato rimangono parole chiave per i nostri imprenditori nonostante il momento complicato"

Le imprese romagnole si mostrano resilienti, con l’82% che dichiara di voler mantenere i propri programmi di investimento. Una piccola parte modificherà i piani iniziali a favore di investimenti sull’autonomia energetica e le fonti rinnovabili, solo il 5% non intende effettuare alcun investimento. Nelle aspettative per i prossimi mesi, il traino dell’attività è collegato alla creazione di reti di impresa, a regole di sistema che possano stabilizzare il mercato di energia e gas, al mantenimento della qualità dei prodotti. "Già prima di quest’emergenza – racconta Enzo Montani, uno dei soci di Piciesse Elettronica, azienda della Valconca che realizza circuiti stampati per vari settori, a partire dall’automotive – scontavano un gap di costo dell’energia elettrica con i Paesi esteri. Ora la situazione è diventata insostenibile, c’è una componente di speculazione che va a danno delle imprese". Nel caso di Piciesse, nel 2023 la spesa per l’energia elettrica potrebbe passare da 500mila euro all’anno a 1,5 milioni. "Con un’incidenza sul bilancio che arriverà al 14%. Realizzeremo impianti fotovoltaici sui tetti degli stabilimenti, ma non basteranno ad assorbire i rincari".