"Magistratura, basta con le lotte"

La riforma della Giustizia arriva in Parlamento con le ammonizioni del segretario Massimo Andrea Ugolini

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La riforma della Giustizia sbarca in Consiglio grande e generale con il riferimento del segretario di Stato Massimo Andrea Ugolini sulle linee di indirizzo dell’ordinamento giudiziario. "Il cardine sarà il rafforzamento dell’indipendente della magistratura – dice il segretario – presidio indispensabile per assicurare il rispetto dei fondamentali diritti umani. Andrà impedita ogni interferenza tra giudici e fonti esterne che potrebbero influenzarli. Nelle moderne democrazia l’esistenza di Consigli Superiori è una delle modalità per garantire l’indipendenza dei magistrati". Da rivedere anche la composizione del Consiglio giudiziario.

"Quella attuale – spiega Ugolini – prevede membri misti, di scelta politica e togata. Gli standard internazionali, tuttavia, ci suggeriscono di valutare una riflessione sulla presenza dei politici attivi all’interno del Consiglio giudiziario. La riforma dovrà valutare l’inserimento di membri non togati. Il Consiglio giudiziario si ritiene non debba divenire sede dell’autogoverno della magistratura, ma garanzia della sua indipendenza. Non si dovrà mai tollerare la separatezza e il corporativismo dei magistrati ma pretendere il pieno inserimento nella realtà istituzionale". La riforma dell’ordinamento giudiziario "dovrà valutare l’introduzione di sanzioni che violano le condizioni disciplinari. Ciò consentirebbe di porre rimedio a una grave lacuna. Tra gli aspetti da affrontare anche le garanzie dei magistrati in materia di nomine, promozioni e regime retributivo. Reputo opportuna una riflessione all’interno del Consiglio grande e generale – dice il ministro –. Una riforma che arriva in un momento di straordinarietà in cui i conflitti sono sotto gli occhi di tutti. E’ importante che l’Aula possa dare una direttrice. Credo sia importante garantire ai giudici la possibilità di sentirsi liberi da ogni condizionamento. Occorre capire come intersecare il rapporto e i punti di dialogo tra politica e magistratura e, anche nel rispetto degli organismi internazionali, come avere un riscontro e portare una rappresentanza della società civile all’interno del Consiglio giudiziario plenario".

Un altro elemento di riflessione riguarda le nomine. "I giudici nominati in questi consessi dovrebbero essere nominati da loro pari. Pensiamo a processi molto importanti, in cui ci sono molti imputati che rischiano pene gravi. La funzione monocratica di un giudice in appello non è semplice: un ragionamento lo dobbiamo fare, se creare un’ultima istanza o delle Corti. Il dirigente esterno non avrà mai un ruolo semplice. "Occorre iniziare a ragionare su qualche intervento nel breve periodo. Magari pensando a una figura di magistrato dirigente inferiore ai 5 anni".