Segretaria accusa Capo di Stato "Si è abbassato i pantaloni"

Bufera travolge la massima autorità di San Marino dopo il caso dell’ex Reggente e della fidanzata. Per accertare le molestie si attende la fine del mandato. Il governo: "Sarà fatta chiarezza"

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di Donatella Filippi

Si sarebbe abbassato i pantaloni davanti a un’impiegata tra le mura di Palazzo Pubblico, a San Marino. L’accusa è di molestie sessuali e l’accusato non è uno qualunque, ma uno dei due Capitani Reggenti di San Marino, Giacomo Simoncini che, insieme a Francesco Mussoni, resterà in carica fino a venerdì della prossima settimana, giorno in cui scadrà il mandato. Uno scandalo che riguarda la più alta carica della piccola Repubblica e che, ovviamente, ha scatenato una vera e propria bufera sul Titano. Una vicenda che arriva pochi giorni dopo un’altra bufera, quella che ha visto protagonista il consigliere di opposizione Matteo Ciacci, coinvolto in una lite con la fidanzata, poi degenerata, fuori da un locale del Titano. Tornando al capo di Stato, secondo quanto ricostruito, la donna sarebbe stata convocata nell’ufficio di Simoncini a Palazzo Pubblico, il palazzo del governo sammarinese, dove avrebbe trovato il capo di Stato intento ad armeggiare con la cerniera rotta dei pantaloni. Avrebbe insistito che fosse la dipendente ad occuparsene, per poi denudarsi completamente. La dipendente avrebbe raccontato subito l’accaduto a un addetto alla Reggenza e la vicenda sarebbe stata quindi riferita al governo. La donna si è poi rivolta ad un legale che avrebbe informato in via ufficiosa la magistratura annunciando di voler presentare una denuncia all’indomani del primo aprile, proprio per evitare imbarazzi alla più alta carica istituzionali della Repubblica di San Marino. Uno scandalo senza precedenti per il Titano nel quale viene colpita l’istituzione più cara ai sammarinesi. Una vicenda che, a quanto pare, per giorni è rimasta chiusa nelle stanze di Palazzo Pubblico. Ieri la bomba è esplosa, dopo la pubblicazione della notizia su un quotidiano sammarinese. In aula, dove è riunito il Consiglio grande e generale, la tensione si taglia con il coltello. I segretari di Stato vengono convocati d’urgenza, proprio nel giorno in cui è previsto il discorso di commiato dei due capi di Stato, pronti a lasciare il posto ai successori. Nel tardo pomeriggio a prendere parola è il governo.

"Sulle accuse mosse a uno degli Eccellentissimi Capitani Reggenti – si legge – dovranno essere svolti tutti gli accertamenti necessari consentendo al diretto interessato di chiarire ogni cosa nel rispetto delle norme istituzionali. Se la correttezza di chi esercita il nobile ruolo dell’informazione impone che tutte le parti in causa abbiano voce e sia concessa loro l’opportunità di esprimere la propria versione dei fatti". A maggior ragione, sottolineano dalla Segreteria Istituzionale "questo principio è valido quando il soggetto ricopre la più alta carica dello Stato. La correttezza istituzionale, dal canto suo, impone ai Capitani Reggenti il vincolo del silenzio previsto dalle norme vigenti, che vieta ai capi di Stato di esprimere opinioni e rilasciare dichiarazioni di qualunque natura durante il loro mandato, anche per non incorrere, a loro volta, nel reato di vilipendio, cioè di offesa all’onore e al prestigio della Suprema Magistratura". Le osservazioni in merito alle contestazioni mosse "siamo certi che saranno presentate puntualmente dal diretto interessato non appena concluso il semestre reggenziale, convinti della volontà di fare ampia luce e favorire così l’affermazione della verità".

Il Congresso di Stato, da parte sua "esprime profondo rammarico per le dimostrazioni di scarso rispetto nei confronti di un’Istituzione di così alto valore come la Suprema Magistratura, senza per questo voler mettere la sordina a nessuna eventuale responsabilità, che sarà appurata nelle sedi opportune e nei tempi e modi dovuti".