Fare il giornalista era il mio sogno

di Paolo Cevoli

Paolo Cevoli (foto Schicchi)

Paolo Cevoli (foto Schicchi)

Bologna, 3 ottobre 2015 - Da grande volevo fare il giornalista. Mi è sempre piaciuto scrivere. Raccontare delle storie. Difatti sono andato via dalla mia Riccione per studiare a Bologna. Giurisprudenza. La lettura del Resto del Carlino mi ha sempre accompagnato. Con la differenza che sono passato dalla cronaca di Rimini a quella di Bologna. A Riccione era mio nonno Pietro che comperava il Carlino. Lo leggeva tutto. Dalla prima pagina in alto a sinistra fino all’ultima in basso a destra. E’ campato più di novant’anni, sempre con la testa bella lucida. Penso che leggere il Carlino lo ha aiutato. Di sicuro gli ha fatto una gran compagnia. D’estate, una volta letto, lo metteva sul burò della pensione Cinzia. La pensione a zero stelle della mia famiglia. Una gestione famigliare con però tutti i suoi bei servizi. Compresa appunto, una bella emeroteca con un unico giornale. Il Carlino. 

Ma il cielo non ha voluto che facessi il giornalista perché, non avevo neanche fatto in tempo a finire di laurearmi, che mi ha assunto la famiglia Arpesella, i proprietari del Grand Hotel di Rimini. Per un albergatore riccionese quell’hotel lì è come San Siro per un calciatore, la Scala di Milano per un cantante, il Dancing Sirenella per un vitellone. Mi mettono a capo di una start-up per aprire una catena di fast-food che si chiamava Italy & Italy. Ne abbiamo aperti 10 in tutta Italia. Che poi gli I&I sono stati ceduti alla famiglia Cremonini che a sua volta li ha venduti agli americani. Diverse volte sono andato sul Carlino per interviste o notizie varie e il mio babbo e la mia mamma tenevano a conto i ritagli che parlavano del figlio.

Finita questa esperienza di manager, mi sono messo in proprio con altri due amici e abbiamo aperto diversi locali a Bologna tra cui il Porto di Mare e il Depot di via del Pratello. Lì ho conosciuto gli amici di Zelig. Che mi han detto. «Cevoli, hai questa fortuna di essere un pataca, perché non vieni in televisione che lì, i pataca come te, li cerchiamo come il pane?» Ah dì, se lo dite voi. Allora ho cambiato mestiere. Ma anche questa volta niente giornalista. Televisione con Zelig, cinema con il film Soldato semplice sulla Grande Guerra e teatro dove, tra l’altro, debutterò con il nuovo spettacolo che parla del garzone balbuziente di Michelangelo Buonarroti: Perché non parli. E tanti articoli del Carlino! La mia mamma ancora oggi li ritaglia. Che soddisfazione che ha.

MORALE: il giornalista non sono riuscito a farlo. Però oggi sì. Addirittura Direttore. Anche se solo per un giorno. Ma se mi trovo bene rimango. Magari mi aiuta a tenermi la testa lucida. Come il mio nonno. A parte gli scherzi, voglio ringraziare di cuore gli amici del Resto del Carlino per questa bella iniziativa che mi ha permesso di far conoscere la Cooperativa Sociale il Pellicano che mi ha aiutato a tirare su i miei figli. Io penso che il lavoro della imparazione educativistica e scolastica sia la cosa più importante. Direttore per un giorno. Dice che l’ha fatto anche Bono Vox per il New York Times. Ma vuoi mettere te il Carlino con il NYT? Molto, ma molto meglio il Carlino! Anche perché la mia mamma legge il New York Times abbastanza saltuariamente. Non hanno neanche la cronaca di Rimini.

di Paolo Cevoli

 

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