Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini

Un ritratto di luci e ombre che segna la nascita della nazione

Francesco Hayez. Ruth. 1853, olio su tela

Francesco Hayez. Ruth. 1853, olio su tela

La mostra forlivese del 2019 ai Musei San Domenico si occupa della grande arte italiana dell’Ottocento, nel periodo che intercorre tra l’ultima fase del Romanticismo e le sperimentazioni artistiche del nuovo secolo, tra l’Unità d’Italia e la Grande Guerra. 

Nello specifico il percorso espositivo si snoda tra i capolavori di pittura e scultura, scrupolosamente scelti dai curatori Fernando Mazzocca e Francesco Leone, che hanno segnato le vicende dell’arte italiana in questi anni di grandi cambiamenti in cui alla cultura e all’arte stessa è stato affidato il difficile ma anche affascinante compito di unificare il Paese. Un Paese che, ancora profondamente diviso antropologicamente, economicamente e socialmente, ha avuto modo di riconoscersi in un’arte che ne ha rappresentato il passato ed è stata anche un formidabile strumento di riflessione sul presente.

Le dieci sezioni in cui è articolata la mostra sottolineano la varietà dei generi tra la pittura storica e quella di denuncia sociale, le scene della vita moderna e il ritratto, la veduta e il paesaggio, declinati nelle forme e nei linguaggi più diversi, dagli artisti che sono stati individuati come protagonisti di questi cinquant’anni di grande rinnovamento dell’arte italiana.

Le due personalità scelte come punto di riferimento per l’inizio e la fine di questa avvincente parabola sono Hayez, il primo e l’ultimo dei romantici celebrato da Mazzini come interprete dei destini della Nazione, e Segantini che nell’ultima parte del secolo ha proiettato in una dimensione internazionale una forte volontà di rinnovamento determinata non più dal confronto con la storia, ma con il motivo universale del dialogo tra l’uomo e la natura e con l’ideale della maternità.

Rispetto ad un visione manichea della seconda metà dell’Ottocento italiano che divideva i “buoni” rappresentati dagli sperimentatori macchiaioli e divisionisti e i “cattivi” identificati nei pittori storici consacrati dall’ufficialità la mostra propone una visione più innovativa e complessa in cui la forza del rinnovamento è vista sempre in stretta dialettica con la tradizione irrinunciabile per l’identità stessa dell’arte italiana.

L’esempio di Hayez rimane valido per tutto il secolo e dimostra la validità del genere storico sia per quanto riguarda i fatti del passato che quelli della storia più recente, quei fatti del Risorgimento che hanno accompagnato l’esaltante epopea della nascita della Nazione. Sarà particolarmente entusiasmante per il pubblico questo viaggio immersivo nello spazio e nel tempo tra il passato e i luoghi e i volti del presente.

Capolavori dell’arte cosiddetta ufficiale saranno posti in dialogo con le opere più sperimentali e sconcertanti proiettate nella modernità, capolavori difficilmente visibili come “La distruzione del Tempio di Gerusalemme” di Hayez, “I funerali di Britannico” di Muzzioli “Lo staffato” di Fattori, “L’Alzaia” di Signorini, “La lettura sul mare” di Corcos, “Lo specchio della vita” di Pellizza da Volpedo e “Le due madri” di Segantini.

Per i visitatori di oggi sarà particolarmente coinvolgente grazie alla presenza di opere esposte in quelle occasioni, proiettarsi nell’atmosfera delle grandi Esposizioni Nazionali che a partire da quella di Firenze del 1861 sino a quelle del 1911, tra Torino Firenze e Roma, hanno accompagnato e concluso il fascinante cammino di un’arte italiana alla ricerca dell’identità e dell’espressione di valori universali.