L’Emilia-Romagna, terra di terremoti

Dal ’castigo divino’ del Cinquecento alle scosse che chiusero il teatro Regio di Parma: la regione ha tremato tante volte nella sua storia

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Il 20 e 29 maggio 2012 non furono gli unici giorni in cui l’Emilia-Romagna tremò. Scavando nel passato sismico della regione, affiorano storie di terremoti che hanno segnato anni lontani e recenti. Scosse in aree che fino a poco tempo fa, erroneamente, si pensavano ‘a prova di terremoto’. "Qui non verrà mai", si diceva. E invece la storia era piena di casi.

Come l’11 giugno del 1438 quando il Parmense fu scosso da un terremoto con una magnitudo stimata di 5.6 sulla scala Richter, secondo i dati raccolti dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Dopo pochi decenni, il 3 gennaio 1505, un sisma di simile entità si abbatté su Bologna. La città iniziò a vivere nella paura per settimane, tanto che – riportarono i cronisti dell’epoca – il sisma venne identificato come un "castigo divino" che Giovanni II Bentivoglio, allora Signore di Bologna, ‘placò’ commissionando al pittore Francesco Francia una ‘Madonna del terremoto’.

Nell’area dell’Appennino – quella a maggior rischio sismico – e in Romagna, il Seicento fu un secolo di grandi terremoti. A partire dal 1661 quando, sempre secondo l’Ingv, un sisma di magnitudo 6.1 colpì l’Appennino forlivese: le scosse, che andarono avanti per oltre un mese, si sentirono fino a Bologna e Ferrara. L’11 aprile 1688, poi, un terremoto di 5.8 devastò l’area della Romagna: Cotignola, in provincia di Ravenna, venne quasi interamente rasa al suolo.

In Emilia, il terremoto tornò a far danni il 13 marzo 1832, quando investì la zona del Reggiano e del Parmense con una magnitudo di 5.5. Dopo il sisma di 5.9 del novembre 1918 sull’Appennino forlivese – che colpì soprattutto il paese di Santa Sofia e causò una ventina di vittime –, il 10 aprile 1929 nuove scosse spaventarono Bologna. Il terremoto, che si protrasse fino all’11 maggio, non fece vittime, ma provocò ingenti danni a palazzi e chiese. Molti bolognesi, sfollati o impauriti, si accamparono nelle piazze cittadine, in baracche e tende, o nelle carrozze ferroviarie e tranviarie. La Montagnola si trasformò in una sorta di camping, con perfino bungalow a pagamento. Per esorcizzare la paura c’è chi inviò cartoline illustrate con i saluti ‘da Villa Sussultoria’. Fra le ‘vittime’ illustri del terremoto, vi fu il castello di Zappolino, che sorgeva sul luogo della battaglia del 1325 tra bolognesi e modenesi.

Un’altra ingente scossa si verificò il 15 luglio 1971, alle 3.30, nel Parmense. Per circa venti secondi, il terremoto sorprese gli addormentati cittadini: non ci furono vittime, ma si contarono una quarantina di feriti, oltre a ingenti danni alle abitazioni. Quel sisma fu seguito da altre scosse a Parma, il 9 novembre 1983 (che portarono alla chiusura del teatro Regio), e a Correggio, il 15 ottobre 1996. Furono gli ultimi grandi terremoti che colpirono la regione. Gli ultimi prima del 2012.