DANIELE ZANDOLI
Sport

Il Cesena, i presidenti e la Romagna . Da Manuzzi a Patrignani, i ricordi sono storia

L’epopea bianconera, dai contratti firmati nei magazzini della frutta, ai passaggi di consegne in famiglia. Da qui sono transitati i campioni

Il Cesena, i presidenti e la Romagna . Da Manuzzi a Patrignani, i ricordi sono storia

Il Cesena, i presidenti e la Romagna . Da Manuzzi a Patrignani, i ricordi sono storia

Toccò a Dino Manuzzi trasformare il Cesena Calcio nella leggendaria società che avrebbe creato il mito calcistico in Romagna. Era uno dei più importanti tra gli imprenditori attivi nell’esportazione della frutta. Il suo nome è legato all’epopea dell’Associazione Calcio Cesena per averlo guidato dal 1964 al 1980. Dino la comprò 24 anni dopo la sua fondazione, piccolo uomo di statura ma grande genio del marketing prima maniera e del commercio.

Capì l’enorme potenziale che poteva avere una squadra di calcio in un bacino di utenza importante come la Romagna. Lo prese in serie C e lo portò in B al termine della stagione 1967/68,sotto la guida saggia di Cesare Meucci. Dopo soli 4 anni Dino Manuzzi, per tutti ’Manuzin’ per la statura non imponente, centrò anche l’obiettivo della serie A (1972/73), fino al massimo risultato ottenuto al termine della stagione 1975/76: sesto posto in serie A e nella stagione successiva Coppa Uefa. Anno difficile, la stagione termina con la retrocessione.

Episodi a go go nella presidenza di Manuzzi. I più comici riguardavano le discussioni coi calciatori per i contratti, tutti rigorosamente presso gli uffici del magazzino ortofrutticolo alla presenza del fedele segretario Sarti, factotum in magazzino e al Cesena.

Si, perché Manuzzi si circondò, nella gestione del Cesena, dei tanti collaboratori che con lui lavoravano nel magazzino. Mentre il consiglio del Cesena era pressochè monopolizzato da commercianti della frutta, tra cui il figlio Luciano e un nipote, Edmeo Lugaresi. Allora non c’erano i procuratori e i giocatori dovevano curare di persona la trattativa col presidente.

Un vero braccio di ferro al termine del quale Dino, spesso con finte lacrime agli occhi per impietosire calciatori troppo pretenziosi, riusciva sempre a centrare l’obiettivo di ottenere il massimo col minimo sforzo. Erano i tempi in cui nel pullman della Primavera in partenza per le trasferte si caricava il pranzo o la merenda e cioè una cassa di mele e un sacco di pane fresco preso dal fornaio. Altri tempi. Comunque Dino creò le premesse per la grande storia del Cesena fino al 1980 quando cedette la presidenza al nipote Edmeo Lugaresi. A lui è intestato lo stadio, prima chiamato ’La Fiorita’ dal nome del quartiere in cui sorge.

Anche Edmeo fu uno dei più importanti esportatori di frutta, presidente del Cesena dal 1980 al 2002 quando passò la presidenza al figlio Giorgio. Grande interprete di un calcio eroico fatto di presidenti ruspanti come Rozzi dell’Ascoli e Anconetani del Pisa, alfieri di un calcio di provincia che non c’è più.

Edmeo diventò presto uno dei più simpatici personaggi del mondo calcistico nazionale grazie anche ai siparietti della Gialappa’s pieni di strafalcioni dialettali. Anche lui piccoletto come lo zio, quando bolliva male e gli ultras rumoreggiavano fuori dallo stadio, si tirava su i pantaloni e partiva ad affrontarli senza paura, facendoli indietreggiare. Ha portato ad allenare a Cesena grandi allenatori, dovette esonerare Marcello Lippi, futuro allenatore campione del mondo e chiamò Azeglio Vicini, ex commissario tecnico della Nazionale, a salvare il suo Cesena in zona retrocessione. Persona sempre disponibile e amatissimo da tutti, meriterebbe l’intestazione dello stadio assieme allo zio e non solo di una rotonda.

Lasciò il comando al figlio Giorgio che non ne aveva carisma e capacità. In due diversi momenti Giorgio portò il Cesena nelle fasi peggiori della sua esistenza fino al fallimento del 2018. In mezzo ci fu l’intermezzo di Igor Campedelli, apparso all’improvviso, conosciuto per essere fratello di Nicola, valoroso giocatore partito dal vivaio del Cesena fino alla serie A. Igor tentò di salvare il Cesena oberato dai debiti, lo portò dalla C alla A con la cavalcata di Pierpaolo Bisoli, lo salvò un anno in massima serie con Ficcadenti in panchina, ma peccò di presunzione. L’anno successivo costruì un Cesena zeppo di nomi (tra gli altri Candreva, Mutu, Guana, Parolo, Iaquinta) agli ordini di Marco Giampaolo e retrocesse, iniziando un crollo finanziario che non salvò il Cesena neanche col secondo passaggio della proprietà a Giorgio Lugaresi.

Dopo il fallimento del 2018 il Cesena ripartì dalla serie D, tenuto in vita da un nugolo di valorosi piccoli imprenditori perlopiù di Cesena, capitanati dall’ultimo presidente romagnolo, Augusto Patrignani. Arrivò subito la promozione in C con Giuseppe Angelini in panca e fu grande merito di questa gente non aver fatto morire il calcio e la sua straordinaria storia a Cesena. Fino al passaggio del testimone agli americani con l’arrivo dei due co-presidenti Robert Lewis e John Aiello e, dopo l’estromissione di Lewis, col comando in mano alla sola famiglia Aiello di questi giorni. Niente più presidenti romagnoli, in compenso arriva la promozione i serie B.