Pelliconi, re dei tappi: "Presto nuove fabbriche. La sfida? Personalizzare ogni singolo prodotto"

Marco Checchi, ad dell’azienda italiana leader mondiale nel settore "Il modello degli stabilimenti giganteschi è ormai tramontato. Produrre in Europa è sempre più difficile: troppi dazi e protezionismi".

Pelliconi, re dei tappi: "Presto nuove fabbriche. La sfida? Personalizzare ogni singolo prodotto"

Pelliconi, re dei tappi: "Presto nuove fabbriche. La sfida? Personalizzare ogni singolo prodotto"

Che il 2023 non sia stato un anno facile per tutte le imprese legate al mondo agroalimentare è un argomento ormai acclarato. "Sono scesi i prezzi delle materie prime – ricostruisce Marco Checchi, ad di Pelliconi Spa, il colosso mondiale dei tappi a corona – e dunque si sono contratti a loro volta i prezzi di vendita dei nostri prodotti".

Una sfida complessa. E il risultato?

"Il fatturato è inevitabilmente calato, ma siamo riusciti a tenere i margini inalterati".

Pelliconi produce e vende i suoi tappi in tutto il mondo. Le difficoltà sono state le stesse dappertutto?

"L’Europa, a causa dei conflitti in atto, ha subito inevitabilmente più flessione. Nessun contraccolpo sostanziale, invece, in Cina e negli Stati Uniti, dove pure la crescita è stata più contenuta del solito".

Il mercato più complesso?

"Indubbiamente l’Europa. Che pure rimane il nostro mercato di riferimento".

Pesa la burocrazia?

"Burocrazia, regole, tasse, balzelli.

Lamentele da industriale.

"Eppure è un dato che tutta una serie di regolamentazioni e di clausole di salvaguardia rendono il mercato europeo molto meno competitivo".

Faccia qualche esempio.

"L’acciaio che noi paghiamo nel nostro continente, a causa di clausole di salvaguardia e altri balzelli costa il 40% in più di quello proveniente dall’estero, e questo è un grosso problema per chi produce nel ed esporta. E’ un tema che riguarda anche il mercato interno, perché i clienti europei possono acquisire prodotti finiti dall’estero che costano meno. Morale: l’Europa non sta aiutando le imprese manifatturiere che risiedono entro i confini, ma avvantaggiando quelle che producono altrove".

Come ovviare?

"Cambiando il modello produttivo. I player internazionali di grandi dimensioni, come è il nostro caso, sempre di più abbandonano l’idea di un grande impianto di produzione e si orientano verso un modello fatto di più stabilimenti, e magari di dimensioni ridotte, fuori dai confini, più vicini ai mercati di vendita".

Viene meno, però, anche il modello delle grandi delocalizzazioni asiatiche.

"Corretto. La globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta una decina di anni fa oggi non è più sostenibile, e questo è in dato".

Motivi?

"I trasporti sono costosi, e in più le aziende si aspettano ormai consegne in pochissimi giorni, questo a fronte di tempi di percorrenza che in realtà si sono allungati. Urge una organizzazione differente".

Voi oggi in che stati siete presenti?

"Abbiamo due stabilimenti in Italia, uno in Egitto, due in Cina, due in Usa e uno in Canada".

E come cambierà lo schema?

"Contiamo di aprirne altri nei prossimi anni, più vicini ai luoghi dove poi effettivamente il prodotto verrà venduto. Questo cambia in toto il concetto produttivo".

Niente più economie di scala?

"Avremo sempre meno grandi impianti, come oggi in Abruzzo, e più piccoli luoghi produttivi gestiti centralmente".

E il prodotto invece come cambia?

"La tecnologia del tappo a corona è in continua evoluzione. E mutano anche le richieste dei clienti. Oggi la personalizzazione è molto più importante, anche a discapito dei quantitativi richiesti".

Anche questo incide sul modello produttivo?

"Ci siamo dovuti attrezzare per garantire personalizzazioni su quantità sempre inferiori, anche di poche decine di elementi, cercando di mantenere il vantaggio competitivo e dunque contenendo i costi di produzione".

Come lo si ottiene?

"Avremo presto la prima linea su foglio di metallo industriale che ci permetterà di stampare e decorare i tappi direttamente sui fogli d’alluminio".

Come una gigantesca stampante?

"Semplificando di molto, sì".

Produrre anche all’estero fa ancora di voi un’azienda made in Italy?

"Intanto bisogna intendersi su cosa significhi made in Italy. Perché dal nostro punto di vista non si tratta esclusivamente di quello che viene concretamente prodotto in Italia, ma anche di quello che viene pensato, sviluppato e gestito dall’Italia, come nel nostro caso. Anche se poi la produzione verrà realizzata direttamente nei mercati in cui il prodotto sarà venduto. Ciò, ovviamente non vale per tutti i settori. Comprensibile che un prodotto artigianale debba essere realizzato in toto in Italia. E vale la stessa cosa anche per una macchina da corsa. Ma un tappo a corona risponde ad altre logiche, ma non per questo è meno italiano di altri prodotti e deve meno tutelato".

Voi siete stati i primi a introdurre i tappi a strappo, i primi a inserire i codici premio sotto alle guarnizioni. Ma oggi come ancora può cambiare un tappo?

"L’innovazione è ancora tanta e, ad oggi, si gioca tutta sul livello di personalizzazione. Sono sempre maggiori le richieste di qrcode univoci per ogni singolo tappo, per permettere alle aziende di profilare i clienti e le abitudini nel modo più puntuale possibile".

L’ultima domanda a questo punto è una curiosità inevitabile: di quanti tappi stiamo parlando?

"Dai nostri stabilimenti escono 32 miliardi di tappi ogni anno".

Quote di mercato?

"Siamo leader mondiali con il 13% della quota totale, ben distanziati dai nostri due principali competitor, che producono rispettivamente 22 e 7 miliardi di tappi ogni anno".