"Belle Arti Macerata, spazio alla creatività"

La direttrice Ghezzi: "Con il nuovo inquadramento ministeriale tante novità. Obiettivi più specifici, scelte semplici e mirate per il futuro dei nostri ragazzi"

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di Francesco Moroni

Direttrice, qual è il bilancio degli ultimi anni?

"Sicuramente sono stati anni difficili, in cui, nonostante tutto, siamo riusciti a fare una serie di cose. Uno degli elementi che ci dà la conferma del lavoro fatto nella maniera giusta è che siamo arrivati a quota 1200 iscrizioni, superando la soglia che ci eravamo prefissati". Rossella Ghezzi, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, traccia un bilancio degli anni segnati pesantemente dalla pandemia e guarda avanti con ottimismo, anche grazie ai traguardi raggiunti recentemente dall’accademia maceratese.

Ci racconti meglio.

"La Dad ci ha creato diverse difficoltà, ma siamo andati avanti. Da ottobre dello scorso anno non siamo più un ibrido: prima eravamo dentro il Miur, come ibrido appunto, con una struttura di carattere universitario. Poi abbiamo adeguato tutti i piani di studi".

Cos’è successo?

"C’era questa soglia mai oltrepassata. Poi con la divisione dei due ministeri, siamo rientrati a pieno titolo dentro quello dell’Università e della ricerca. Così è partita la suddivisione dei vari dipartimenti".

In che modo?

"Si parte da quello di Arti visive, con la pittura, la scultura e così via. Poi il dipartimento di Progettazione e arti applicate, con una parte di design e un’altra, invece, indirizzata sul fumetto e sull’illustrazione grafica. Poi abbiamo il dipartimento di Comunicazione e didattica dell’arte, con al primo livello la valorizzazione del patrimonio artistico e, al secondo, il comparto della Museologia".

Cos’ha comportato la suddivisione?

"Questa divisione crea un organismo con carattere prettamente gestionale. Questo è servito anche ai ragazzi per riuscire a scegliere più semplicemente il proprio percorso".

Come mai?

"Gli obiettivi sono più mirati: gli studenti scelgono così con più semplicità e le attività sono meglio distinte, anche quelle multidisciplinari appartenenti, magari, a uno stesso settore".

Poi?

"Le attività hanno obiettivi molto precisi. Questo ci permette di dare forza alla formazione anche attraverso il collegamento con gli enti territoriali".

Una sorta di ponte?

"Sì, esattamente. Volevamo riuscire a dare vita a questo ponte tra formazione e attività professionale. Il percorso ci ha consentito di mettere mano all’impianto formativo che sviluppa le professioni del futuro, e che la formazione venga poi messa effettivamente in pratica, in maniera molto pragmatica".

Che altro?

"Cerchiamo poi di dare la possibilità a tutti con le partecipazioni, ad esempio, al ‘Premio nazionale delle arti’ e quello che riguarda il design: mettiamo in campo le nostre specificità".

Con quali conseguenze?

"Questo ci avvicina a un sistema universitario e ci dà una connotazione un po’ più specifica. Molto spesso capitava che uno studente si iscrivesse a pittura, pensando fisiologicamente di fare anche tante altre cose. In realtà ogni corso ha una sua specificità. Oppure, sempre per esempio, decido di iscrivermi ad arti visive, pensando di fare quattro corsi insieme, ma non è così".

Quali altri obiettivi?

"Mantenere in maniera costante questi standard, tentando ovviamente di dare più spazio possibile a quei corsi che faticano maggiormente. Incrementando, soprattutto, le potenzialità di quei percorsi che hanno sbocchi lavorativi immediati. Non da ultimo, siamo un’accademia che il prossimo anno compirà 50 anni: tutte le iniziative che porteremo avanti il prossimo anno accademico vanno in questa direzione".