Natale di accoglienza: la casa famiglia Papa Giovanni XXIII apre le porte ai bambini

Andrea e Francesca accolgono bambini in attesa di adozione nella casa famiglia Papa Giovanni XXIII a San Lorenzo.

Andrea Casoli e Francesca Paparella nella casa famiglia di. San Lorenzo

Andrea Casoli e Francesca Paparella nella casa famiglia di. San Lorenzo

Per Natale alle persone non chiedono che un dono: essere accoglienti. E’ il desiderio di Andrea Casoli, 36 anni, e Francesca Paparella, 40, che nella casa famiglia della Papa Giovanni XXIII, aperta oltre quarant’anni fa a San Lorenzo, dal 2021 fanno da mamma e papà a bimbi e ragazzi in attesa di tornare in famiglia, di essere adottati o affidati. Dal loro arrivo, assieme a un figlio speciale di 17 anni, la famiglia si è allargata sempre, moltiplicando il lavoro, ma anche la soddisfazione e la gioia per il sorriso riportato sul volto di tanti piccoli.

Quanti bambini state seguendo? "Al di là del nostro ragazzo di 17 anni che abbiamo in affido dal 2017 quando eravamo ancora a Pesaro, e pertanto diventato membro effettivo della famiglia, accogliamo un bimbo di quattro anni e una bimba di nove, nonché una di due anni e mezzo, affetta da una malattia genetica rara, che diversamente sarebbe finita in una struttura sanitaria. Per il resto, come pronta accoglienza, siamo sempre in attesa di nuove situazioni, soprattutto sotto le feste c’è sempre qualche emergenza".

Com’è vivere in una famiglia così speciale? "Oltre a occuparci della casa e dei figli, continuiamo a svolgere la nostra attività, lavorando nel verde pubblico e privato in una delle cooperative della comunità e coprendo vari incarichi, ossia seguendo la segreteria, la parte dell’affido della nostra zona, i ragazzi che scelgono di prestare servizio civile in comunità e anche i tavoli di coordinamento dei servizi sociali per valutare e dare una famiglia a questi bambini".

C’è chi vi da una mano? “Ci sono persone che ci aiutano. Alcuni di loro, quando abbiamo bisogno, vanno a portare o prendere a scuola o all’asilo i bambini. Ci si sostiene come in una qualsiasi famiglia".

C’è interesse a Riccione e nel vicinato per la casa famiglia? "Ci chiamano spesso per testimonianze o perché vogliono donare giochi o indumenti. C’è chi ogni tanto viene a portarci la pasta fresca o chi come Zanni il panettiere ci offre pane e dolci. Anche la farmacia ci tiene in considerazione e ci aiuta in quello che abbiamo bisogno. Avvertiamo vicinanza e affetto nell’incontrare le persone per strada. Ci sentiamo ben voluti e questo per noi è una ricchezza".

Cosa vi ha spinto a fare questa scelta? "Siamo sempre stati in Azione Cattolica con i giovani e desiderato di adoperarci per i piccoli, per gli adolescenti, per quei fragili che per un certo periodo della loro vita si sentono smarriti. Il dare una risposta a queste persone è quanto abbiamo voluto sopratutto per la nostra vita. Conosciuta la Giovanni XXIII, che ci ha fatto sentire in una grande famiglia, abbiamo capito che questo era il posto giusto. Così dal 2015 viviamo in comunità".

Si avvicina il Natale, cosa chiedete in dono? "Che la gente riesca a essere accogliente, in qualsiasi forma e secondo le proprie possibilità. L’aprirsi all’altro è il regalo più grande che possiamo farci. E’ fondamentale soprattutto nel mondo di oggi che ci porta piuttosto a parlare di guerre, dell’io e non del noi. Come diceva don Oreste Benzi, tutti possiamo portare un nostro contributo. Solo con l’aiuto e il dialogo si cancellano le differenze tra ricchi e poveri, tra Paesi sottosviluppati e quelli che hanno tutto".

Materialmente cosa serve? "Questa casa ha molti anni per cui dovremo fare parecchi lavori strutturali, anche per via del terreno che cede. Chi vuole può dare un contributo per questo, la comunità va avanti con le donazioni che tra l’altro ci permettono di accogliere sempre più persone".

Nives Concolino