Marche, la ’ndrangheta non è più solo un’ombra

Il dossier annuale della Direzione nazionale antimafia allerta tutta la regione

Allarme 'ndrangheta, superlavoro per le forze dell'ordine

Allarme 'ndrangheta, superlavoro per le forze dell'ordine

Ancona, 3 marzo 2016 - Sempre più massiccia e incisiva, «sia quantitativamente che qualitativamente, la presenza della ‘ndrangheta» nelle Marche. E’ quanto emerso ieri dalla relazione annuale 2015 della Direzione nazionale antimafia, presentata in Senato.

Un’indicazione che trova conferme nell’attività della Direzione distrettuale antimafia di Ancona: nel territorio marchigiano di recente non sono mancati arresti di esponenti della criminalità organizzata calabrese, inchieste che hanno dimostrato come la ndrangheta si sia infiltrata nel tessuto economico regionale, dove rileva attività economiche per riciclare il denaro proveniente da affari illeciti. I guadagni dello spaccio di droga e delle estorsioni, solo per citarne alcuni, vengono reimpiegati in imprese edili, società legate al mondo dell’intrattenimento, anche se non ci sarebbero settori economici ‘risparmiati’ dalla colonizzazione.

L’attenzione della Dda di Ancona, di cui fanno parte il procuratore capo Elisabetta Melotti e i sostituti Mariangela Farneti e Paolo Gubinelli, è sempre altissima. Le indagini, anche solo ‘conoscitive’, vengono continuamente avviate per monitorare il fenomeno. Certo è che i segnali dal territorio, recepiti dalla Dna, non mancano.

Già a fine gennaio, all’apertura dell’anno giudiziario, il procuratore generale Vincenzo Macrì aveva lanciato l’allarme sulle infiltrazioni della criminalità organizzata, che non vanno sottovalutate e che si orientano sempre più ai reati dei cosiddetti ‘colletti bianchi’. In particolare la ‘ndrangheta, stando alla relazione della Dna presentata ieri in Senato, è praticamente presente in tutte le regioni del centro-nord: accanto alle storiche presenze in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio, sono attestate con chiarezza cellule solidamente impiantate in Liguria, Umbria, Veneto e Marche.

Nella relazione, la Dna evidenzia la «forte ed attuale operatività delle cosche calabresi della ‘ndrangheta in tutti gli ambiti, sia quelli più specificamente criminali, dal traffico internazionale di stupefacenti e delle armi all’attività estorsiva, praticata con modalità diverse e sempre più sofisticate, che quelli apparentemente relativi alla cosiddetta economia legale, dagli appalti pubblici alle attività imprenditoriali, nel settori del commercio, dei trasporti, dell’edilizia ed in quello di giochi e scommesse».