Assenteisti sì, ma con parsimonia: prosciolti

I 20 dipendenti del Ministero dello Sviluppo Economico uscivano in orario di lavoro per la spesa o la palestra

NEI GUAI Un’indagata filmata con la busta della spesa dalla Finanza

NEI GUAI Un’indagata filmata con la busta della spesa dalla Finanza

Bologna, 24 ottobre 2014 - Fate pure gli assenteisti, purché vi fermiate sotto la soglia degli ottanta euro di danno allo Stato. In tal caso, infatti, il vostro comportamento non sarà penalmente rilevante. Per voi non ci sarà il processo, ma l’archiviazione. Assenteismo sì, insomma, purché fatto con moderazione.

E’ questo il principio che si desume dalla sentenza con cui il giudice Gianluca Petragnani Gelosi, sulla scorta delle pronunce della Cassazione, ha prosciolto venti dipendenti della sede decentrata di Bologna del ministero dello Sviluppo Economico (Dipartimento comunicazioni ispettorato Emilia-Romagna di via Nazario Sauro), ai quali il pm Antonella Scandellari contestava la truffa ai danni dello Stato. Il gup ha rinviato a giudizio nove dipendenti, mentre ha valutato di dover proscioglierne 16 «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» e 4 perché «il fatto non costituisce reato» (visto che questi ultimi avevano l’autorizzazione ad assentarsi dal dirigente).

L’inchiesta nacque nel 2009 dall’esposto di un dipendente, Ciro Rinaldi, stufo di vedere colleghi e colleghe uscire dall’ufficio in orario di lavoro per andare a fare la spesa o in palestra oppure di assistere alla timbratura multipla dei badge da parte di uno solo che timbrava per tutti. I ‘fannulloni’ furono filmati dalla Guardia di finanza con una telecamera nascosta e il caso, quando divenne pubblicò, destò grande scaldalo.

Ora, dopo cinque anni, dei 29 assenteisti sotto accusa solo nove sono finiti a giudizio. Un processo su cui peraltro grava lo spettro della prescrizione. Non solo. Rinaldi denuncia da tempo di essere stato isolato e punito in ufficio, mentre alcuni degli indagati sono stati promossi.

Sulla vicenda peraltro indaga anche la Corte dei conti, ma dal punto di vista penale la sentenza di Petragnani Gelosi mette la parola fine sulla posizione di due terzi degli accusati.

E questo perché, secondo il giudice, sotto la soglia degli ottanta euro «non si concretizza un danno econimicamente apprezzabile per l’amministrazione pubblica».

Il gup nelle 43 pagine della sentenza scrive che l’indagine «ha fatto emergere il compimento di comportamenti certamente tutti censurabili, ma non con omogeneo disvalore: un conto è un’assenza non registrata e prolungata rispetto a quella breve, un conto è l’uso di un badge altrui per fare figurare fraudolentemente presente il collega di lavoro assente o, viceversa, per far figurare un’uscita posticipata rispetto a quella effettiva, un conto è assentarsi nel corso nell’orario di lavoro per recarsi in palestra». Dunque, perché dall’inadempimento contrattuale si passi alla truffa ci deve essere un danno allo Stato «economicamente apprezzabile» e il giudice fissa la soglia in 80 euro. Il conteggio del danno è fatto in base ai minuti di assenteismo. Fra i 29 indagati, si va dal minimo di 21 euro per una dipendente al massimo di 532 per una collega. Nel mezzo, tutti gli altri. I più salvi, alcuni alla sbarra. Una sentenza senz’altro destinata a far discutere.

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