Bologna, Mirò in mostra a palazzo Albergati

Fino al 17 settembre si potranno ammirare i capolavori dell'artista, tra sogno e colore

Bologna, alcune opere della mostra di Mirò a palazzo Albergati

Bologna, alcune opere della mostra di Mirò a palazzo Albergati

Bologna, 11 aprile 2017 - E' un labirinto di colori, dal rosso al giallo al verde più squillanti, come nelle quindici piccole litografie Le lézard aux plumes d’or, la lucertola dalle piume d’oro. È un gioco di materiali virati sul marrone di un suolo spagnolo dove non piove da tempo, come nella ceramica, terracotta e porcellana del 1980. È un volo di uccelli appena accennati, guizzi neri su fondali bianchi. È Mirò insomma, non quello esplosivamente sperimentale degli anni dai ‘20 ai ‘40, il Mirò decisivo, il surrealista per eccellenza secondo il padre di quel movimento, André Breton, l’amico di Picasso e di Hemingway, il frequentatore della parigina dadaista di Tristan Tzara, l’antifranchista, il pittore deciso ad assassinare l’arte, a «stuprarla», per usare le sue parole.

Questo che ci attende a Palazzo Albergati, con la mostra Mirò! Sogno e colore, da oggi al 17 settembre – dedica speciale alla memoria dello scultore e proprietario dell’edificio Camillo Bersani – è insomma un campione della rivoluzione artistica novecentesca còlto nella sua parabola conclusiva allorché, dal 1956, a 63 anni, il barcellonese Joan Mirò i Ferrà si stabilisce con la moglie Pilar a Palma di Maiorca. La ricerca non si ferma. E le circa 130 opere esposte per l’iniziativa del Gruppo Arthemisia (patrocinio del Comune) in collaborazione con la Fundaciò Pilar i Joan Mirò (prestatrice delle opere), voluta dagli stessi coniugi nel 1972, raccontano, nella prima grande antologica bolognese del maestro, il Mirò che, dal 1956 al 1983 (la morte) ripercorre la propria vastissima produzione, la seleziona dentro ai suoi due atelier maiorchini di Taller Sert e Son Boter, prima di donarli, insieme alle opere, alla comunità del suo ultimo buen retiro.

Affermava lui, come si legge in una frase iscritta sulle pareti dell’allestimento in blu pervinca, tutto luce e slarghi dello sguardo curato da Cesare Mari (e sì che gli spazi sono angusti): «Ero affascinato dai calligrafi giapponesi... e considero la mia pittura sempre più gestuale». Gli oggetti, il loro immergersi e riemergere nei cieli dell’astrattismo, sono un’altra costante di Mirò, e la ricostruzione del suo studio ce ne dà la raffigurazione plastica. Nelle cinque sezioni dell’esposizione (Radici, Principali influenze artistiche, Maiorca, La metamorfosi plastica, Vocabolario di forme), accanto ai due celebri olii e acrilici su tela Femme dans la rue (1973) e Oiseaux (idem), si segue l’allargamento delle tecniche e dei soggetti cari al vincitore del premio per la grafica alla Biennale del ‘54: si moltiplicano i materiali, appaiono collage su carta vetrata, legno e chiodi, spuntano sculture, graffiti, disegni al carboncino, ceramiche, sassi, conchiglie. In una gara visionaria, senza clamori, con la materia, dove l’arte assassinata della giovinezza spegne i suoi furori e accende la luce della classicità contemporanea. L’altra gara, quella con la colossale affluenza segnata da Frida Kahlo, è appena al via.

Info: tutti i giorni dalle 10 alle 20; ingresso 14 euro ridotto 12; catalogo Skira; offerta didattica a partire dalla scuola dell’infanzia; visite guidate; hospitality partner Monrif Hotels; www.palazzoalbergati.com

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