Bologna, 15 ottobre 2011 - Respinge tutte le accuse Antonella Tosarelli, l'assistente sociale del quartiere Santo Stefano finita sotto inchiesta dalla Procura di Bologna per la morte di Devid Berghi, il neonato di 23 giorni che viveva tra la strada e la Sala Borsa con i suoi genitori e che il 5 gennaio scorso morì all'ospedale Sant'Orsola dopo essere stato soccorso in piazza Maggiore.

La dirigente dei servizi sociali, che all’epoca dei fatti era responsabile di area al Santo Stefano, nelle scorse settimane è stata iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo: il pm Alessandra Serra, titolare del fascicolo in cui per lo stesso reato sono indagati i genitori del neonato, Sergio Berghi e Claudia Gambato, accusa l’assistente sociale di non aver impedito un evento (la morte del bimbo) che avrebbe avuto il dovere di impedire.

L’assistente sociale ha ricevuto un invito a comparire e martedì si è presentata davanti al pm: per una scelta della difesa  ha preferito non rispondere alle domande del magistrato, a cui ha consegnato una “dichiarazione chiarificatrice” di cinque cartelle, con cui “respinge ogni accusa e spiega di essere estranea alle accuse” assicura il suo avvocato, Donatella Ianelli: “E’ una persona seria, professionale e responsabile - spiega il legale - e, anche se è tranquilla e sicura di non avere alcuna responsabilità, sentirsi accusare della morte di un neonato di pochi giorni è uno choc".

Tosarelli, in una lunga dichiarazione, “ha ribattuto punto per punto, in modo esauriente, a quanto le obietta la Procura”. L’avvocato Ianelli, certa che al più presto “emergera’ la totale estraneità di Tosarelli a questa vicenda”, preferisce non entrare nel merito delle contestazioni. Non nasconde però perplessità sull’opportunità di contestare una mancata vigilanza in relazione ad un reato colposo, così come l’iscrizione sul registro degli indagati in fase di dirittura d’arrivo delle indagini.

Quanto poi alla linea difensiva di Tosarelli, Ianelli si limita a far notare qualche punto, come il fatto che la bimba di tre anni di Gambato (l’ultima avuta prima della nascita dei due gemellini) non le fosse mai stata tolta e che la famiglia fosse stata in carico, precedentemente, al quartiere San Donato e non al Santo Stefano. Ma c’èanche un altro punto: Tosarelli era la responsabile di area, sottoposta ad un dirigente ma a sua volta preposta a singole assistenti sociali, a cui sono affidate le famiglie da seguire. Insomma, non era lei l’affidataria del ‘caso’ Gambato.

In difesa dell’indagata, ha parlato l’assessore al Welfare, Amelia Frascaroli: ‘’Gode della nostra stima. E’ una delle più competenti, capaci e attente. Faremo il possibile - ha detto all'agenzia Ansa- per proteggerla e garantirla. Giustamente, la Procura fa la sua parte’’.

Per l’assessore, ex dirigente Caritas, ‘’il problema per noi è assumerci la responsabilità di quello che è accaduto, con un sistema dei servizi che è enormemente affaticato’’. Vicende come questa ‘’non possono ricadere sugli operatori’’. Perché è ‘’il sistema intero ad avere bisogno di una profonda revisione’’. La tragedia della morte del bambino e i suoi risvolti giudiziari, in questo senso, ‘’danno un’indicazione molto chiara all’amministrazione’’. E se per un ripensamento generale, c’è bisogno di tempo, ‘’alcuni aggiustamenti sono da fare in modo immediato. Lo faremo a partire dalla conferenza dei servizi sociali, in novembre. In modo da consentire agli operatori di lavorare in modo piu’ alleggerito’’.