L'ultimo saluto a Marco di Marco, il compositore-commercialista

Si è spento a 77 anni, è stato in tournée in tutto il mondo

Marco di Marco (foto Schicchi)

Marco di Marco (foto Schicchi)

Bologna, 28 aprile 2017 - Le grandi forme del mainstream ravvivate con giuste dosi di ironia ne hanno amplificato gli umori, sintetizzandone le sfumature sul pentagramma: personaggio singolare per consapevolezza artistica e tratti da gentiluomo ancien regime, ieri Marco Di Marco, compositore e grande virtuoso degli ottantotto tasti, ha salutato la città in cui s’era diviso per quarant’anni tra spartiti e dichiarazioni dei redditi, parafrasando il titolo di un concerto d’addio alla sua attività di commercialista: Bologna, finalmente: ecco quello che amo» («Here’is what I want»). 

Nato a Bologna nel 1940, in cura da quasi nove anni con un mieloma multiplo, era stato ricoverato il giorno di Pasquetta nel padiglione quindici del Sant’Orsola e poi trasferito nel reparto di Pneumatologia e Terapia intensiva respiratoria diretto dal professor Nava. La fine, improvvisa, è giunta attorno alle 11,30 di ieri per arresto cardiocircolatorio. Le esequie sono state fissate per mercoledì nella chiesa della Misericordia di piazza di Porta di Castiglione 4. Ad officiarle, alle 14.30, sarà il parroco don Mario Fini. Oltre che quella dei parenti più stretti, è prevista anche un’ampia partecipazione dei colleghi commercialisti e dei musicisti, che chiamava tutti indistintamente suoi amici. Marco Di Marco lascia la moglie Norma, conosciuta a quindici anni sui banchi del Piercrescenzi, la sorella Anna Maria e otto tra nipoti e pronipoti.

«Ci siamo sposati 38 anni fa nella chiesa di San Francesco Saverio e Mamolo, senza più perderci di vista – ricorda oggi la vedova –. È stato lucido fino all’altra mattina, e io ho continuato a sperare ancora che potesse farcela. Ricordatelo come un musicista che ha contribuito a rendere famosa Bologna nel mondo. Ne sarà felice». Bologna che dopo le tournée, i premi internazionali e le esibizioni a Parigi, Londra, New York, Philadelphia e Chicago, riabbracciava puntualmente per donarle pièce vellutate e visionarie, impreziosite da enfasi quasi liturgica. Amico di Bill Evans e di Keith Jarret, studi metodici al piano, una vita salutare, né vizi né sregolatezza, l’opposto dell’ artista maledetto, è stato ospite della più prestigiosa tra le sale da concerto americane, la Carnegie Hall, dove aleggiano le grandi ombre di Duke Ellington, Louis Armstrong, Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane e Billie Holiday.

Insignito da Napolitano nel 2006 del titolo di Cavaliere per meriti musicali, tra i tanti riconoscimenti conservava una pergamena di appeal planetario: l’ Award of Excellence 2011 conferitogli dalla Manhattan Accademy of Music di New York. 

 

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