Il nuovo albo di Tex? Sta nascendo in via degli Orti

In città Michele Benevento, disegnatore alla Sergio Bonelli Editore, sta lavorando alla prossima storia del personaggio più celebre del fumetto italiano. Perché Bologna? "La capitale italiana del fumetto è questa"

Michele Benevento

Michele Benevento

Bologna, 20 dicembre 2016 - In una casadi via degli Orti, sotto lo sguardo vigile di due marmocchi e della gatta ‘Super Mimì’, sta lentamente prendendo forma una nuova, straordinaria avventura di Tex Willer. Sceneggiatura di Mauro Boselli, ai pennelli e alle chine c’è Michele Benevento, papà di Lukas, uno degli ultimi nati alla Sergio Bonelli Editore. Il panorama è tranquillo fuori dalla sua finestra: via degli Orti è placida e alberata, il traffico scorre lento e i negozi sono già addobbati per Natale. Quasi non si direbbe che, dietro a una di quelle finestre, ogni giorno si scateni un inferno di inseguimenti, cavalcate furibonde, agguati e sparatorie a suon di Colt e Winchester.

Ecco, la mitica carabina di Tex: è sempre alla portata del fumettista, poggiata di fianco al tavolo di lavoro. Finta, ovviamente. Ma verosimile. “Averla è fondamentale – chiarisce Benevento, 38 anni, pugliese d’origine e bolognese d’adozione, figlio di un pittore e scultore –. Uno strumento essenziale se di mestiere disegni Tex, perché per disegnarla è importante capire che peso ha, come si impugna e che pose si assumono quando spari”.

Sono lì per lo stesso motivo anche il cappello e gli stivali del mitico personaggio ideato nel ’48 da Galep e ancora oggi, a tutti gli effetti, il fumetto più venduto in Italia e più celebre nel mondo. “Io indosso tutto – assicura il disegnatore –, mimo le scene e possibilmente mi fotografo. Un trucco che usiamo per non rischiare di riciclare, negli anni, sempre le stesse pose e gli stessi gesti”. Per lo stesso motivo, giurano i bene informati, da qualche parte sono nascoste le foto che testimoniano di un’epica scazzottata tra Benevento e Andrea Borgioli, un’altra matita di casa Bonelli.

Le foto, in ogni caso, sono soltanto uno dei tanti passaggi che da una sceneggiatura portano al fumetto che troveremo in edicola. Il primo è lo storyboard: uno schizzo di pagina con cui il disegnatore, dopo aver letto il testo, immagina le inquadrature e pensa la regia di ogni scena. Seguono gli studi su ambientazioni e personaggi, i disegni a matita inviati in redazione e, solo infine, le tavole.

I tempi? “La storia a cui stiamo lavorando – calcola Benevento –, occuperà due o forse tre albi mensili, e probabilmente ci porterà via altri due anni. La media è di una tavola finita ogni tre giorni, ma io lavoro su almeno dieci tavole contemporaneamente, per mantenere vigile l’attenzione e non annoiarmi”. Già che quello del fumettista è un lavoro lento, faticoso e certosino. Poi, soprattutto, è una passione. “Una di quelle cose che fai per hobby a scuola, durante le lezioni, perché pensi che mai potrà diventare un lavoro...”.

A Michele Benevento è successo così, racconta, finché “subito dopo la maturità, il giorno in cui stavo per iscrivermi all’istituto di disegno industriale, ho letto su una rivista la pubblicità di una scuola di fumetto. Mi si è aperto un mondo, perché non pensavo esistessero posti dove imparare a trasformare in mestiere quella ‘cosa’”. Il resto della storia è già scritto. La scuola a Firenze, e contemporaneamente la laurea in Lettere, i primi lavori per Diabolik, alcune grafic novel in Francia, quindi l’approdo alla Bonelli. Un sogno che si realizza, iniziato con Caravan continuato con Lukas, di cui ha disegnato quattro albi e tutte le copertine. Infine Tex. La serie ammiraglia. “Una responsabilità pesantissima, ma mitigata dal calore umano della grande famiglia di Tex, fatta di sceneggiatori, fumettisti e migliaia di appassionati”.

Resta da capire perché mai Bologna, e non Milano, ad esempio, dove ha sede la Bonelli, o Firenze dove tutto è cominciato. “La risposta – considera Benevento – è quasi scontata: Bologna è stata cruciale per la storia del fumetto italiano. Queste strade vibrano ancora al ricordo di Andrea Pazienza, Magnus, Bonvi, Igort... E anche se non c’è più una scuola bolognese, quel legame che si è creato tra i portici, le torri, la chine e i pennelli di martora, credo rimarrà indissolubile”. “...Corna di satanasso!”, così chiuderebbe la conversazione Tex Willer.

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