L’arcivescovo tifoso Zuppi: «Questo patron è positivo»

L’arcivescovo Zuppi in campo al Dall’Ara (foto Schicchi)

L’arcivescovo Zuppi in campo al Dall’Ara (foto Schicchi)

GIÀ IN TERZA elementare lo scolaro Matteo Zuppi tifava per il Bologna Calcio. Un piccolo presagio di quello che sarebbe successo mezzo secolo dopo, quando Papa Francesco decise di nominare monsignor Matteo Zuppi arcivescovo di Bologna. «In aperta polemica con un mio fratello juventino – racconta il prelato –, nel 1964 tifai per il Bologna Calcio. Non la prese bene! Cinquant’anni dall’ultimo scudetto e più volte ho sentito il racconto dall’attuale vescovo ausiliare emerito, monsignor Ernesto Vecchi, su quella giornata. Lui accompagnava il cardinal Giacomo Lercaro nelle diverse parrocchie per le cresime, ma per strada non c’era anima viva – spiega monsignor Zuppi – . Non c’erano i telefonini ma sono sicuro che tutti “seppero” presto della vittoria! Quest’anno celebreremo il quarantesimo anniversario della morte del cardinale Lercaro, un uomo che tanto ha dato alla chiesa universale e a quella di Bologna. Nella vita di una città, come in quella di una persona, ci sono dei riferimenti che sono le radici. Ricordiamo lo scudetto e un Cardinale che accettò la cittadinanza onoraria di Bologna come primo passo verso il lavorare insieme per il bene comune». IL RICORDO di quel triangolino tricolore è ancora forte nella memoria non solo dei bolognesi, tanto che c’è un aneddoto che lega Zuppi all’albo d’oro della società rossoblù. «Quando l’anno scorso mi chiesero se sarei venuto a fare il vescovo a Bologna, io risposi che era più facile che il Bologna Calcio vincesse lo scudetto che io arrivassi qui. Ora io sono venuto per cui… Battute a parte, nel calcio come nella vita si vince solo se si è capaci di passare la palla, cioè di far arrivare qualcosa di nostro agli altri, senza egoismi e rinunciando al protagonismo. Si vince insieme. Non sono proprio in grado di dare un giudizio tecnico sulla squadra, mi auguro che i giocatori sappiano divertirsi, non si prendano troppo sul serio ma siano umili per “passare” la palla, essere un buon esempio per gli altri giovani e sacrificarsi per il bene della squadra».  Quello stesso atteggiamento di umiltà che l’arcivescovo ha riscontrato nella proprietà. «Non conosco Saputo, ma lo ritengo una persona positiva per la città perché non vuole fare il “suo” Bologna, ma vuole fare il Bologna insieme con i bolognesi – dice ancora monsignor Zuppi –. Fa un passo alla volta, cerca sempre di coinvolgere tutti e questo è importante. Mi sembra abbia uno spirito propositivo, cerca sempre di evitare le polemiche e ha un atteggiamento costruttivo anche su problemi non di poco conto. Mi piace questo suo puntare sui giovani, perché i giovani sono il nostro futuro e solo se li responsabilizziamo saranno degli adulti maturi pronti a guidarci. E poi mi sembra che il Bologna cerchi di aiutare la solidarietà e questo è un valore in più che aiuterà lo sport a crescere attraverso l’incontro tra le persone». Gesti di beneficenza che la società rossoblù sta imbastendo con alcune strutture che orbitano attorno all’arcidiocesi per aiutare in modo diretto chi effettivamente è nella difficoltà.

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