Dal MoMA di New York alle Due Torri. "Cerco materiali per una grande mostra"

Il personaggio: Juliet Kinchin in visita alla collezione di Massimo Cirulli di Annalisa Uccellini

Juliet Kinchin (a sinistra) e Vittoria Cirulli

Juliet Kinchin (a sinistra) e Vittoria Cirulli

Bologna, 23 luglio 2014 - Da New York a Villa Ghigi inseguendo il mito italiano. Linee, curve, volumi, intuizioni e genio del made in Italy sono inesauribile fonte di meraviglia per Juliet Kinchin, curatrice della sezione Architettura e Design del MoMA, in cerca di opere e spunti per organizzare un grande evento dedicato al design moderno italiano.

A guidare i suoi passi dalla metropoli tentacolare ai colli bolognesi è stata la sua stessa passione che condivide con il collezionista Massimo Cirulli e con la figlia Vittoria, neolaureata in Economia dell’arte, che dal papà ha ereditato lo sguardo curioso su tutto ciò che è arte italiana del Novecento. L’amicizia e la collaborazione fra i tre è nata a New York dove ha sede il Massimo & Sonia Cirulli Archive, una raccolta vastissima di opere di pittura e scultura, manifesti, bozzetti, disegni e collage dei più rappresentativi artisti italiani dal 1900 al 1960. Una collezione, con un nucleo importante anche a Bologna, che inizia a prendere corpo nei primi anni Ottanta grazie a Cirulli che, trasferitosi nella Grande Mela per lavorare nel campo della finanza, decide di lasciare spazio alla sua passione per poster e foto creando una collezione che oggi conta circa duemila pezzi e che fornisce materiali rari per mostre in tutto il mondo (l’ultimo prestito chiuso è per la mostra 'Dolce vita?' al Museo D’Orsay di Parigi).

Per Kinchin, una camera delle meraviglie quella bolognese di Cirulli, («Mi servirebbe un altro mese, l’archivio è straordinario») entusiasta dell’attenzione riservata a tutte le diverse espressioni artistiche — dai quadri alle sculture passando per le foto e i manifesti pubblicitari —, e interessata in modo particolare ai fotomontaggi e ai bozzetti per tessuti di Bruno Munari di cui l’archivio Cirulli possiede un cospicuo nucleo. Una fonte iconografica preziosissima per l’esperta intenzionata a coltivare quell’amore per il design italiano che il MoMA ha espresso in diverse occasioni, dalla mostra del 1972 Italy, the new domestic landscape curata da Emilio Ambasz alla più recente Century of the child-Growing by design: 1900-2000’ curata dalla stessa Kinchin e composta in gran parte da oggetti di design italiano fra cui spiccano molti pezzi della collezione del bolognese Maurizio Marzadori.

«Sono molto dispiaciuta di non aver fatto in tempo a visitare la mostra di SalaBorsa 'La camera dei bambini' di Marzadori» spiega la Kinchin che però, nel corso del suo soggiorno bolognese, ha avuto l’occasione di visitare il Mast: «E’ stata una grande sorpresa, mi ha impressionato il modo in cui il design impregni di sé ogni spazio, da quelli espositivi a quelli lavorativi… un progetto assolutamente all’avanguardia».

Massimo e Vittoria Cirulli l’hanno poi accompagnata al Museo della Città di Palazzo Pepoli, «fiore all’occhiello per la modernità di fare museo raccontando la storia», e al cospetto di un’opera molto amata dalla newyorkese, il Compianto di Niccolò dell’Arca in Santa Maria della Vita che con la forza sconvolgente di quei volti deformati dalla disperazione l’aveva già conquistata nella sua prima volta sotto le Due Torri, vent’anni fa, in occasione dell’apertura del Museo Morandi.

Annalisa Uccellini

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