Torna a brillare la Versailles di casa nostra

A settembre terminano i restauri all’atelier Policardi di piazza Minghetti (FOTO)

L'atelier Policardi (FotoSchicchi)

L'atelier Policardi (FotoSchicchi)

Bologna, 8 agosto 2014 - QUANDO BOLOGNA diventò Parigi. E scoprì, grazie a una famiglia di patrioti risorgimentali di Vittorio Veneto, rifugiatisi sotto le Due Torri, la haute couture, Chanel, Balenciaga, la Belle Epoque, e ciò che era à la page tra le signore del bel mondo internazionale. Quella famiglia si chiamava Policardi, e dopo la morte del capostipite Giovanni Maria, che fondò l’azienda nel 1860, fu il figlio maggiore Lorenzo a farne una delle botteghe più ricercate e delle più prestigiose firme sartoriali italiane. Siamo in Piazza Minghetti, nell’angolo verso via de’ Toschi, a ridosso della medievale Casa Caccianemici e della Torre dei Toschi, a poca distanza dal luogo natale di Santa Caterina de’ Vigri. Qui, al piano terreno dell’edificio contrassegnato con il numero 3, si apre lo spazio vastissimo dell’atelier che cessò nel 1952 e che aveva il suo cuore sfavillante nel Salone Versailles — Parigi, sempre Parigi —, destinato alle sfilate e alle presentazioni dei modelli per clienti che si chiamavano Emma Gramatica, Lyda Borelli e Mafalda di Savoia.

ADESSO, per la Versailles nostrana, risalente al 1923, è venuto il momento della rimessa a nuovo, decisa e finanziata dai sette eredi Policardi. «Abbiamo iniziato quasi quattro anni fa», spiega la restauratrice Lajla Liparesi Della Volpe, «e, dopo varie interruzioni, contiamo di concludere per settembre». E qual è l’intervento da svolgere? «Premesso che è tutto vincolato», prosegue la signora, «occorre una profonda ripulitura dei motivi dorati, realizzati con vere foglie d’oro, oltre che dei rilievi in gesso, degli stucchi e delle decorazioni dipinte alle pareti e dei vetri». 

INSIEME alla Liparesi è all’opera il professor Sotirios Karoutsos, nato in Grecia e trasferitosi a Bologna all’avvento dei colonnelli, docente di Restauro dei dipinti murali all’Accademia di Belle Arti. «Ci tengo a sottolineare — afferma l’insegnante — che a questo restauro partecipano attivamente anche tre tirocinanti del mio corso, Elisa Melchiorri, Francesco Savoia e Sara Pastorelli e un altro giovane, Roberto Cavallo, che si occupa della ricerca storica. Si tratta di uno dei cantieri scuola che siamo impegnati a organizzare», precisa orgogliosamente. «I restauri di un gruppo di statue all’ingresso principale della Certosa — in particolare i due giganteschi Piagnoni scolpiti dal Putti, simbolo del cimitero — e quelli delle pitture murali del transetto, dell’abside e della cupola della chiesa di Santa Maria Maddalena, di fronte alla Pinacoteca, dimostrano già le capacità e la passione per il mestiere dei nostri ragazzi».

SE CI SI AGGIRA un po’ all’interno dei locali si scoprono altre cose. Che i dipinti sui muri dell’atrio portano la firma di un non meglio identificato V. Serra, che lo stuccatore faceva Lambertini e che, in fondo al Salone Versailles, c’è un giardino bisognoso di cure urgenti, al pari delle due statue bronzee che occhieggiano tra l’affastellamento del verde. Sempre nel giardino si trovano le botole che portavano al sotteraneo, dove cucivano in condizioni igieniche facilmente immaginabili fino a 200 operaie. Una scala conduce invece allo spazio moderno aggiunto successivamente, che si protende fino al limite dei primi negozi di via de’ Toschi.

A RESTAURO ULTIMATO l’ex atelier andrà in affitto. Una libreria? Un ristorante? Un’altra casa di mode? I metri quadri abbondano. La speranza è che i nuovi venuti siano degni dei loro predecessori. Di ‘non luoghi’ del commercio per turisti mordi-e-fuggi siamo già fin troppo pieni.

 

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