Pattini mondiali per Valeria Marini. "‘Notti sul ghiaccio’ è gara vera"

Federico Degli Esposti, campione della Pontevecchio, in tv su Rai1 FOTO: La coppia a 'Notti sul ghiaccio'; La carriera di Federico Degli Esposti

Federico Degli Esposti su Rai1 con Valeria Marini (foto LaPresse)

Federico Degli Esposti su Rai1 con Valeria Marini (foto LaPresse)

Bologna, 1 marzo 2015 - Il sabato sera, atleti e allenatori della Polisportiva Pontevecchio sono incollati alla tv. Sintonizzati su Rai1, fanno il tifo per Federico Degli Esposti (Foto: La carriera)– classe 1980, nato in zona Mazzini – gloria della sezione ‘Pattinaggio’ della società di via della Battaglia, e attuale allenatore delle squadre giovanili. Quattro volte campione del mondo di pattinaggio artistico a rotelle (in coppia con Marika Zanforlin), passato al ghiaccio per qualificarsi – sempre con la Zanforlin – alle Olimpiadi invernali di Vancouver 2010, Degli Esposti è il coach di Valeria Marini a Notti sul ghiaccio (FOTO), seguitissimo programma condotto da Milly Carlucci.

Lei ha vinto tutto. Ma non è mai stato popolare come adesso. (ride) «Beh, il merito è tutto di Valeria Marini. Essere abbinato a lei, in prima serata tv, aiuta».

Come si trova ad allenare una dilettante dei pattini? «Per chi non ha mai messo i pattini ai piedi, o quasi, non è facile prepararsi in poche settimane. Ma Valeria è un personaggio eccezionale. È intelligente, professionale, una grande perfezionista».

Come è arrivato in tv? «C’era il casting per trovare pattinatori maschi. Ne serviva uno alto, da abbinare alla Marini. Io sono quasi 1,90, un po’ atipico nel pattinaggio. Mi hanno contattato, ho fatto un provino e mi hanno preso».

Prime impressioni? «È tutto nuovo per me, ma mi trovo molto bene. È emozionante. Sono tutti grandi professionisti».

Dica la verità: la gara è un po’ pilotata? «Nemmeno per sogno. È tutto vero. Tutti si impegnano al massimo, fanno la loro gara, vogliono fare bene. Perché, sotto sotto, tutti vogliono vincere».

Lei quando ha cominciato a pattinare? «Verso i sei anni, un po’ per caso».

Per caso? «Io e mio fratello Matteo nuotavamo. Ma ci si ammalava spesso, così mia madre ci fece cambiare sport».

Come siete finiti alla Pontevecchio? «Era l’impianto più comodo».

È stato un campione in erba? «Sono sempre stato bravino, ma devo dire che ce n’erano altri come me».

Quando ha capito che poteva fare il salto di qualità? «L’ho capito a poco a poco. I risultati arrivavano, ed erano uno stimolo a impegnarmi di più. Forse, il primo segnale vero è stato il primo mondiale junior».

A certi livelli, lo sport richiede molti sacrifici. Le sono pesati? «Non è stato sempre facile. Uno sport individuale pretende molta disciplina. E io ero un ragazzino molto vivace».

Da allenatore, è severo? «Non forzo mai. Sono il primo a dire ai genitori di non stressare i ragazzi: se ogni tanto, invece di allenarsi, hanno voglia di farsi una partita di calcio, vadano. Non è con quell’ora persa che perdi un campione».

Come si comportavano i suoi genitori? «Non mi hanno mai forzato. Ed è stato un bene».

Non sognavano il figlio campione a tutti i costi? «Quello succede nel calcio, negli sport dove girano molti soldi. In uno sport cosiddetto minore, come il pattinaggio a rotelle, se riesci, bene; se no, va poi bene lo stesso».

A quanti anni diventa campione del mondo? «A 23 anni, nel 2003, in coppia con Marika Zanforlin. E ci siamo ripetuti fino al 2006».

Quando scoppia l’amore per il ghiaccio? «Nel 2007, come prova. In fondo, a rotelle avevamo vinto tutto».

È un passaggio naturale? Sempre di pattini si tratta. «No, sono discipline differenti. Un po’ come calcio e calcetto: praticati ad alti livelli sono molto diversi».

Come andò? «Tutti, nell’ambiente, erano perplessi. Non ci credevano. Ma io e Marika avevamo il sogno di partecipare alle Olimpiadi invernali di Vancouver, nel 2010...».

E così... «Ci siamo rimessi in gioco. Siamo entrati in Nazionale e ci siamo qualificati per le Olimpiadi, nella ‘coppia artistico’».

E com’è finita? «Male. A un mese dalla partenza, mi sono ammalato, e addio Giochi».

Rimpianti? «Essere passato al ghiaccio un po’ tardi. Non averci pensato prima».

Oggi allena i ragazzi della Pontevecchio. Rotelle e ghiaccio. Un desiderio? «Un palazzetto del ghiaccio in città. Sarebbe la svolta».

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