Lavoro, impennata dei voucher. Ma dietro c’è spesso il precariato

Aumento del 40% dei ‘buoni’. I sindacati: "Flessibilità? No, abusi e precariato"

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Cesena, 15 febbraio 2016 - Tutti in fila per un ‘buono lavoro’, traduzione italiana di voucher: ore di lavoro che si possono comprare in tabaccheria, tra un gratta e vinci e un pacchetto di sigarette. Boom è dire poco, da un anno all’altro nella nostra provincia sono cresciuti di quasi il 40%.

Se nel 2014 ne erano stati venduti 827.240, da gennaio a novembre 2015 - ultimo dato disponibile dell’Inps - si è toccato quota un milione e 75mila. I buoni li compra (all’Inps, alle Poste, in tabaccheria) il committente (cioè il datore di lavoro), costano 10 euro l’ora, e il lavoratore che viene ingaggiato ne prende 7,50 netti e può incassarli all’Inps o alle Poste. E al massimo un lavoratore può ricevere, da un singolo committente, 2mila e 20 euro l’anno.

Servono per regolarizzare e retribuire la prestazione saltuaria, quella che non si può ingessare in un contratto classico. Il senso del voucher non è in un progetto di lavoro a lungo termine. Flessibilità allo stato più puro, insomma. La faccia buona è che regolarizza situazioni saltuarie (baby sitter, per esempio), «quella negativa – spiega Filippo Pieri della Cisl – è che non si sta utilizzando il voucher per regolare rapporti saltuari ma per ‘voucherizzare’ anche quello che era già regolare. Registriamo un abuso».

Precarietà o flessibilità? «L’uso è assolutamente smodato – commenta Lidia Capriotti, Cgil Cesena – e dimostra il baratro delle insicurezze verso il quale sta scivolando il mondo del lavoro». I numeri sono lampanti: in Italia nel 2008 se ne usarono 480mila, nel 2015 ben 102,4 milioni. In Emilia- Romagna si è passati dai 2.958 del 2008 ai 12,8 milioni all’ultima rilevazione. Stringendo lo zoom sul nostro territorio il voucher, che nell’arco di pochi anni ha cannibalizzato i vecchi lavori a chiamata (job on call) e i contratti di collaborazioni è concentrato soprattutto su commercio e turismo, in tutto il 47% del totale. La costa ne andrebbe ghiotta, sempre secondo i sindacati. Uno dei rischi paventati dalla Uil, per esempio, è che sotto l’ombrello del voucher «si nasconda anche il lavoro nero».