Inchiesta per abuso d’ufficio: il giudice blocca due pescherecci

Nel mirino della procura anche un sottufficiale della Guardia costiera

Il porto di Civitanova (foto di repertorio)

Il porto di Civitanova (foto di repertorio)

Civitanova, 1 dicembre 2015 – Tocca pure la marineria civitanovese l’inchiesta della Procura di Roma sulle licenze di pesca che negli ultimi anni hanno consentito a un certo numero di armatori di accrescere con nuovi cavalli, acquistati da natanti in via di rottamazione, la potenza del motore dei rispettivi pescherecci. Interessate anche barche del compartimento piceno e di Ancona. Il proprietario di uno degli scafi dorici è stato protagonista domenica di un gesto eclatante: salito in cima all’archetto della barca ormeggiata in porto, ha minacciato di uccidersi salvo poi farsi convincere a desistere e a scendere giù.

Sei le barche fermate dalla magistratura capitolina (2 ad Ancona, 2 a Civitanova, 2 a San Benedetto) come conseguenza dell’ipotesi di abuso d’ufficio contestato a dirigenti e funzionari della Direzione generale della Pesca, che fa capo al Ministero delle Politiche agricole, e a un sottufficiale della Guardia costiera in servizio a Civitanova fino a qualche tempo fa. Del concorso nel medesimo reato vengono accusati gli amministratori dei pescherecci che la Procura ha elencato nel dossier. La comunicazione agli armatori interessati è stata fatta venerdì scorso. Ne sono conseguiti il sequestro della licenza di pesca e il blocco dell’attività. A Civitanova il provvedimento ha riguardato «Vittorio Micucci» e «Taoma», che hanno in Giuseppe Micucci ed Eleonora Vanni i rispettivi amministratori. I due motopesca sono stati parcheggiati dagli equipaggi in un angolo del porto, tra il molo est e la banchina Gasparroni, in attesa e nella speranza che possano essere schiodati prima possibile da lì.

Dicembre è un mese importante per la categoria e sarebbe una iattura se questa impasse si dovesse prolungare nel tempo. Per aumentare la potenza del motore gli armatori ritengono di aver seguito correttamente la via maestra, senza forzature di alcun tipo (nessun comportamento doloso dunque), anche avvalendosi delle normali relazioni umane e professionali con il loro abituale e accreditato interlocutore presso la Guardia costiera. Una volta rilasciate le autorizzazioni richieste, ritenevano di essere a posto in tutto e per tutto.

L’avvocato Federico Valori tutela gli interessi del Vittorio Micucci. «Al di là degli aspetti sostanziali della vicenda – ci ha detto Valori – che sono tutti da approfondire e sui quali svilupperemo più in là la nostra strategia difensiva, a noi preme soprattutto sbloccare lo stallo e tornare al lavoro prima possibile. Sto dunque predisponendo l’istanza di revoca del sequestro della licenza, che depositerò presso la Procura romana entro mercoledì. Ammesso e non concesso che la nuova licenza fosse illegittima (nel nostro caso, sia chiaro, non v’era alcuna consapevolezza di un possibile illecito), al pescatore si deve consentire il ritorno alla situazione precedente alleggerendo la potenza del motore nel rispetto dei parametri europei». L’inchiesta della Procura romana è partita da Latina nel 2012. Da lì le «carte» hanno girato, transitando anche a Macerata prima di tornare a Roma.