Crisi Zeis, blitz dei lavoratori al consiglio comunale aperto. "Vogliamo chiarezza"

Movimentata discussione sul futuro del distretto calzaturiero

Crisi Zeis, protesta dei lavoratori

Crisi Zeis, protesta dei lavoratori

Montegranaro (Fermo), 5 marzo 2017 - «Lavoratori della Zeis in lotta» la scritta sullo striscione con cui si sono presentati al teatro La Perla una cinquantina di lavoratori della storica azienda montegranarese Zeis Excelsa. Sono fortemente preoccupati e non hanno nessuna voglia di fare sconti ai politici che si avvicendano sul palco. Ad oggi ne sono un centinaio, poco più, la maggior parte dei quali impiegati, dei 180 che erano 4 anni fa. I circa 70 mancanti sono tutte fuoriuscite volontarie o si sono ricollocati.

«Non sappiamo di che morte dobbiamo morire» dicono Andrea Tamanti e Daniela Broccoletti della Rsa, affiancati da colleghi, tutti nello sguardo la stessa incertezza sul futuro. L’azienda presieduta da Maurizio Pizzuti, sta delocalizzando gran parte del lavoro all’estero (Marocco, Albania, Cina) lasciando nello stabilimento di Villa Luciani una produzione residuale che li tiene occupati per 40 giorni a stagione, perché loro sono quelli che fanno il Made in Italy. «Abbiamo ricominciato a lavorare il 14 febbraio e smetteremo a fine marzo. Poi le manovie resteranno ferme fino alla prossima fase produttiva».

Vanno avanti da tre anni con gli ammortizzatori sociali, con uno stipendio decurtato di circa il 65-70%; prima c’è stato un periodo di Cig ordinaria. L’anno scorso è stato firmato il contratto di solidarietà per 24 mesi ma non per tutti. «Al Micam sappiamo che gli affari sono andati bene. Ma dove saranno prodotte quelle scarpe? Vogliamo salvaguardare le famiglie, il lavoro. Stiamo andando verso la desertificazione del territorio» aggiunge Tamanti. «Il presidente (Maurizio Pizzuti, ndr) più volte ha espresso la necessità di cambiare modello di business. Ha in mente un’idea di azienda più snella. Quello che ci spiace è che alleggerendola dalla parte che ha il know how – spiega la Broccoletti - si disperde un patrimonio di conoscenze che non si recupera più producendo altrove. Dispiace che non si voglia neanche tentare di tenere la parte produttiva».

L’azienda in questi anni non ha prodotto un piano industriale e «in tre anni gli ammortizzatori sono stati usati per pagare i dipendenti e produrre scarpe all’estero» prosegue uno del gruppo. «Il nostro timore è che tra un anno saremo licenziati» si arrischia a dire un altro, dando voce a una inquietudine comune. «L’azienda ha detto che farà del tutto per cercare di collocare i dipendenti» aggiungono altri, quasi a rincuorarsi a vicenda, ma «quando resti senza lavoro a 55 anni dove vai?».