Aggressione, "Mi hanno tirato l’acido sul viso"

Nigeriano aggredito al Grattacielo. I soccorritori: «Aveva occhi gonfi come palle»

Elmounadil Abderrazzak, il gestore della macelleria che ha soccorso la vittima dell’aggressione

Elmounadil Abderrazzak, il gestore della macelleria che ha soccorso la vittima dell’aggressione

Ferrara, 20 dicembre 2016 - Cieco, con le mani sugli occhi. Spalanca la porta della macelleria ai piedi del grattacielo e urla: «aiutatemi». Il ferito è un nigeriano, un ragazzo, che appena scopre il volto mette in mostra due occhi gonfi come palle da tennis. Due palle di fuoco sugli occhi. «Mi hanno colpito». Urla, poi si accascia al suolo. Cade come un fazzoletto e grida: «aiuto». Chi lo soccorre gli passa acqua sul viso. «Per evitare che l’acido corroda la pelle». Acido? Questa è l’ipotesi, stando agli urli del ferito e al soccorso del commerciante. Ieri sera, poco dopo le sei, il 118 vola in viale della Costituzione e quando i soccorritori entrano si trovano a terra il giovane nigeriano. La luce della lampada del negozio gli trafigge gli occhi. Ansima dal male. I sanitari lo raccolgono e lo portano a Cona, con un codice di massima urgenza. Sul posto intanto arriva la polizia. Le prime informazioni passano con il contagocce: «non sappiamo ancora cosa sia successo».

Palla al gestore della macelleria – Elmounadil Abderrazzak – che lo ha soccorso. «Ho visto la porta spalancarsi e poi quel nigeriano – racconta, scosso –. Aveva le mani sul volto. Si teneva gli occhi e piangeva dal dolore». Fino a quando è crollato sul pavimento del negozio. «Mai visti due occhi così gonfi». Pareva volessero uscire dalle orbite. «Gli abbiamo passato un po’ di acqua per evitare che quello che gli hanno tirato sul viso si mangiasse la pelle». Elmounadil non è un medico. Di professione fa solo il macellaio a qualche migliaio di chilometri da casa. Poteva fare tante cose e soprattutto poteva non fare nulla dalla sua trincea in quella fetta di città. «L’ho solo soccorso e ho chiamato il 118 – afferma –, se una persona sta male devi dare una mano. Tutto qui». Gli agenti perlustrano la zona. Annusano l’aria. Intanto il 118 dà gas e parte verso Cona con il nigeriano a bordo del mezzo. «Qui è dura – così il macellaio –: se ne vedono di tutti i colori». Elmounadil passeggia per il locale sistemando la merce sugli scaffali. «Prima qui c’era un bar – ricorda – e la situazione era disastrosa. Poi siamo arrivati noi, per scelta non vendiamo alcolici e tutto sommato la situazione è un po’ migliorata».

Il nigeriano ferito al volto è in ospedale. Sulla zona Gad e sulla città si deposita la patina corrosa dell’inquietudine. Spedizioni verso il centro con mazze e machete. Regolamenti di conti e agguati con l’acido. «Se abbiamo paura? Non è questione di paura – dice il macellaio con orgoglio – noi facciamo il nostro lavoro. E anche questo è fare sicurezza». Tra gli alberi del parco, sul quale si allunga l’ombra del grattacielo, figure si spostano da un tronco all’altro. Guardano, montano in sella alle biciclette e si scambiano posizione. Uno di loro è appena caduto, sotto gli schizzi di una sostanza che potrebbe costargli la vista. Accecato, con le mani sugli occhi.