"Aiutatemi a dare una speranza a mio figlio malato"

Ha 14 anni e soffre della sindrome di Klippel-Trenaunay. La madre: "Solo in America possono curarlo"

Cento, il laboratorio di un ospedale (foto di repertorio, Newpress)

Cento, il laboratorio di un ospedale (foto di repertorio, Newpress)

Cento (Ferrara), 21 agosto 2016 -  La speranza di una vita tranquilla e migliore per un giovane centese si trova oltre l’oceano Atlantico. Era il 2010, quando la dottoressa Beatrice Raone all’ambulatorio Puva (fotobiologia e fototerapia) dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, ha notato una macchia strana sulla gamba sinistra di A. P., studente di 14 anni, durante una visita per vitiligine. Una macchia che ha fatto subito sospettare il medico che potesse trattarsi della sindrome di Klippel-Trenaunay, una malattia rarissima che in Italia non è studiata e non è curabile. La dottoressa Raone ha inviato subito il ragazzo al reparto di malattie rare dello stesso ospedale per appurare che il proprio dubbio fosse fondato ed è a questo punto che è cominciata l’odissea della famiglia di A. P..

"Mio figlio – spiega la madre del 14enne, Morena Brighetti –, sin dai primi anni di vita, ha avuto problemi di salute. Dopo soli quattro mesi di vita ha dovuto combattere contro una broncopolmonite ed è stato un vero e proprio calvario durato anni". Per questo caso è stato necessario un ricovero nel centro specializzato per cure asmatiche e polmonari di Misurina, dove, oltre alla notizia di doversi operare a naso e gola per cercare di risolvere i problemi, gli è stata diagnosticata una fibrosi cistica di cui, però, è portatore sano. Ma alla famiglia è caduto il mondo addosso sei anni fa, con quella visita per una vitiligine che ha portato alla luce qualcosa di ben più grave, una sindrome che colpisce la normale crescita dei vasi sanguigni, alterandola. "Abbiamo chiesto – prosegue la madre del 14enne – qual’era il decorso della malattia. Ci è stato risposto A. rischia di rimanere un vegetale o zoppicante a vita, con tutto ciò che questo comporta". Perché, una situazione di questo tipo potrebbe portare con sé ulteriori disturbi, come l’asimmetricità del viso, emangiomi al volto e altre patologie.

A Bologna, però, possono solo seguire l’evolversi della situazione, tenendo il ragazzo in osservazione, sottoponendolo ad analisi di routine su peso e altezza, e invitando a una pratica rigorosa di attività sportiva per permettere lo sviluppo della muscolatura negli arti. Per A. P. praticare sport non è un peso, ama il ju-jitsu, ma la malattia lo sta mettendo a dura prova sotto il profilo psicologico e l’ha portato a chiudersi in se stesso. Una situazione che accresce la preoccupazione dei genitori per un giovane che, se il corpo glielo consentisse, avrebbe una vita straordinaria davanti: "È uno studente modello, ama lo sport – dice la madre – e noi vogliamo che esca da questa gabbia in cui è rinchiuso". Ed è proprio lei che, tramite internet, ha trovato un’ancora di salvezza: il Children’s Hospital di Cincinnati, negli Stati Uniti, dove studiano e curano questo tipo di patologia. Il 30 agosto il 14enne partirà per sottoporsi alle analisi specialistiche e ortopediche che forniranno dati utili per individuare terapie che possano dare ad A. P. una vita tranquilla. Sicuramente occorreranno più viaggi nella città dell’Ohio e tutto questo ha costi enormi.

È possibile dare un sostegno alla famiglia, può effettuare un versamento sul conto intestato a Morena Brighetti, Iban: IT22A0200837062000102970404; causale: visite mediche.