Donne massacrate, i sindaci scrivono al governo: "Certezza della pena"

In carcere due giovani romeni. Maria Humeniuc è fuori pericolo. Ancora grave Cloe Govoni VIDEO I due malviventi FOTO Il luogo dell'aggressione

I soccorsi nell’abitazione di via Lunga

I soccorsi nell’abitazione di via Lunga

Ferrara, 8 novembre 2015 - «Siamo stati noi». Tre parole pronunciate intorno all’una di ieri notte, dopo ore di estenuante interrogatorio. Una frase che spezza la tensione tra gli inquirenti e Florin Constantin Grumeza, 22enne romeno. Sufficiente per far scattare i due mandati di fermo che permetteranno di chiudere le indagini sulla barbarie di Renazzo in meno di 24 ore. È Grumeza infatti a confessare l’orrore e a puntare il dito contro il complice, un connazionale di 26 anni, Leonard Viessel.

È lui a tracciare un sentiero nel labirinto della brutalità scoperta nella mattinata di venerdì tra le mura di una casa di campagna di via Lunga, nella frazione del Comune di Cento a cavallo tra i territori di Ferrara, Modena e Bologna. Due donne massacrate a furia di pugni e lasciate a terra in un lago di sangue, in fin di vita. E tutto per 90 euro in contanti e una manciata di gioielli. Una violenza «efferata e selvaggia», come l’ha definita il sostituto procuratore Filippo Di Benedetto, che ha coordinato le indagini dei carabinieri. «Un accanimento incredibile su due persone indifese», secondo Andrea Ardizzoni, figlio e marito di Cloe Govoni, 84 anni e Maria Humeniuc, 53, le donne pestate a sangue (la prima ancora sospesa tra la vita e la morte, la seconda grave ma ormai fuori pericolo).

A portare gli inquirenti sulla pista giusta è stata un’auto sospetta: una Audi A6 a bande arancioni, bianche e nere. Un modello che non passa certo inosservato e che in tanti a Renazzo, nei giorni scorsi, hanno visto e segnalato al 112. Al punto che i carabinieri l’hanno controllata proprio a due passi da via Lunga, a poche ore dall’aggressione. Sulle prime sembrava tutto ok. I ragazzi erano incensurati e la macchina ‘pulita’. Ma è proprio dall’Audi sospetta che, dopo la mattinata di sangue, partono le indagini.

In poche ore i carabinieri arrivano ai due giovani. Uno lo trovano a Castelfranco Emilia (Modena). Viene messo sotto torchio e alla fine, crolla, raccontando tutto. Poche ore dopo tocca al complice, preso a Crespellano (Bologna) dove era ospite da un’amica. Quella che doveva essere una giornata ‘brava’ a caccia di soldi facili si è così conclusa, ad appena 19 ore dall’agguato, in una cella del carcere di Ferrara. I fatti di Renazzo hanno scosso l’intera comunità ferrarese, che negli ultimi mesi ha assistito ad una escalation di fenomeni di questo tipo.

Al punto da spingere i sindaci del territorio a scrivere una lettera congiunta al governo. «Occorre – recita il documento – un momento di riflessione finalizzato alla revisione delle norme per dare a chi è chiamato a proteggerci indossando la divisa strumenti più efficaci oltre a qualche elemento di certezza della pena in più». Il caso ha sollevato un polverone anche sul fronte politico. Dure le parole di Matteo Salvini alla vigilia della grande manifestazione della Lega a Bologna. «È tempo di parlare di sicurezza e legittima difesa – osserva lapidario il numero uno del Carroccio –. Renazzo insegna cosa può succedere altrimenti...».