Omicidio Tartari, l’imputato Fiti: "Io incastrato per un paio di scarpe"

Era in tribunale per presenziare a tre distinti processi minori. Ammanettato, lo sguardo di ghiaccio

Costantin Fiti, 22 anni, ieri in Tribunale a Ferrara (foto BusinessPress)

Costantin Fiti, 22 anni, ieri in Tribunale a Ferrara (foto BusinessPress)

Ferrara, 13 aprile 2016 - «Sono innocente, mi hanno incastrato per un paio di scarpe regalate». La camionetta della Penitenziaria varca il portone di Palazzo di giustizia alle 8.45 in punto. Scendono due poliziotti, spalancano il portellone e fanno scendere l’imputato. Costantin Fiti (FOTO), 22 anni compiuti il 15 settembre, in carcere dallo scorso 22 dello stesso mese accusato di essere una delle tre belve che hanno picchiato, rapinato e abbandonato al suo destino in un casolare maledetto Pier Luigi Tartari, ritrovato cadavere dopo due settimane.

Fiti ieri era in tribunale per presenziare a tre distinti processi minori, vecchie beghe con la giustizia per furto di bici e minacce verso la compagna. Sguardo di ghiaccio, capelli rasati, diversissimo dalla foto mostrata dagli inquirenti fino a pochi giorni fa e girata sui media. Ammanettato, stretto tra tre poliziotti, da una via secondaria viene fatto salire al primo piano, aula D.

Qui lo aspettando due procedimenti distinti, due furti di bici (la seconda in concorso con uno straniero ancora ricercato) per i quali patteggerà 4 mesi ognuno più qualche centinaia di euro di multa. Alle 10.35 l’udienza è tolta. Due chiacchiere con l’avvocato Alberto Bova poi via verso l’aula B per il terzo processo. “Fiti era ad Aguscello?”, la domanda del cronista che subito lo affianca. Il romeno, che sempre si è professato innocente, non volta nemmeno la testa. «Fiti, è accusato di omicidio, rischia l’ergastolo...».

Silenzio mentre a passi svelti percorre il lungo corridoio per poi entrare in aula dove, in pochi minuti, anche questa volta patteggia la pena (300 euro) per una frase di troppo detta in passato alla compagna. Questa volta però, nuovamente davanti al cronista, decide di parlare. «Sono innocente - afferma con un ottimo italiano camminando veloce nella sua tuta nero e grigia -, io in quella casa non ci sono mai stato e Tartari non lo conoscevo».

Gli vengono fatti i nomi dei suoi complici e grandi accusatori: Patrick Ruszo e Ivan Pajdek. Il giovane romeno questa volta si gira di scatto: «Mi hanno tirato in ballo perché sono due infami e continuano a mentire». Gli agenti della Penitenziaria lo invitano a tacere e a proseguire.

«Mi hanno incastrato per un paio di scarpe regalate», ripete riferendosi all’episodio dell’acquisto fatto da Pajdek, con il bancomat rubato a Tartari, in un negozio del centro commerciale Le Mura: un paio di scarpe da ginnastica da 49.9 euro poi donate al romeno perché le sue erano rotte. «Io non sono mai stato in quella casa, contro di me solo bugie dette da quelli. Io non ho ammazzato nessuno». Il furgone nero mette in moto, il portellone si richiude davanti a Fiti. Il 5 maggio tornerà in tribunale, con Ruszo e Pajdek per il processo sulla barbarie di Aguscello.