La corsa agli incentivi

Macerata, 20 luglio 2014 - Chi produce energia utilizzando biogas agricolo è come se affondasse le mani negli escrementi degli animali di allevamento o negli scarti di frutta e verdura. Ma, di fatto, se le ritrova coperte d’oro una volta tirate fuori dal letame. Negli ultimi anni, in Italia, sono sorti quasi mille impianti a biogas. La maggior parte al Nord, ma molti anche nelle Marche. E quello che all’inizio era un timore, presto si è trasformato in realtà.

La produzione di energia, attraverso il biogas, doveva tutelare l’ambiente e soprattutto incrementare lo sviluppo dell’agricoltura aiutando le imprese in crisi. Invece si è trasformata in una specie di corsa all’oro, in una vera e propria speculazione. Poche le aziende che vi hanno investito solo per conquistare autonomia di mercato, producendo energia e fertilizzanti a proprio uso e consumo. Tante quelle che utilizzano invece il biogas per incrementare il proprio giro d’affari producendo energia oltre misura. Energia che viene venduta ai gestori per intascare gli incentivi. E non si tratta certo di spiccioli.

Basti pensare che un impianto da un megawatt, come i sette che sono finiti nel mirino della procura di Ancona, realizzato prima del 31 dicembre 2012 (quando gli incentivi erano alle stelle) avrebbe fruttato qualcosa come 31 milioni di euro in 15 anni. Ecco spiegato perché l’affare biogas ha fatto e fa ancora gola a molti. Al punto da generare nelle Marche — secondo la procura della Repubblica — una sorta di lobby in affari tra imprenditori e funzionari regionali.