Monsignor Cocchi, le foto del funerale. Il ricordo del Papa

In Duomo l’ultimo saluto all’ex arcivescovo di Modena celebrato da monsignor Castellucci FOTO L'addio - La veglia

Modena, il funerale di monsignor Benito Cocchi (FotoFiocchi)

Modena, il funerale di monsignor Benito Cocchi (FotoFiocchi)

Modena, 7 maggio 2016 - Grande partecipazione e intensa commozione stamattina in Duomo a Modena per l’ultimo saluto a monsignor Benito Cocchi (foto), già arcivescovo di Modena dal 1996 al 2009, che si è spento giovedì scorso (a 81 anni di età) alla Casa del Clero di Bologna.

Monsignor Cocchi, originario di Minerbio, nel Bolognese, prima di guidare la diocesi modenese era stato vescovo ausiliare di Bologna dal 1975 al 1982, quindi vescovo di Parma dal 1982 al 1996.

La cerimonia funebre è stata presieduta da monsignor Erio Castellucci, attuale arcivescovo di Modena Nonantola, e concelebrata da otto vescovi e un centinaio di sacerdoti dalle diocesi di Modena, Parma e Bologna.

Era presente anche monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale della diocesi di Bologna, in rappresentanza dell’arcivescovo Zuppi, impegnato nelle celebrazioni per il 50° della Casa della carità di Corticella, un luogo a cui anche monsignor Cocchi era molto legato.

Al rito funebre sono intervenuti anche vari familiari di monsignor Cocchi e numerose autorità fra cui i senatori Carlo Giovanardi e Stefano Vaccari, il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli, i suoi predecessori Giuliano Barbolini e Giorgio Pighi, il sindaco di Nonantola Federica Nannetti, e l’assessore Gabriele Folli, in rappresentanza del sindaco di Parma.

In apertura della Messa, è stato letto il messaggio che il cardinale Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha inviato a nome di Papa Francesco: il Pontefice ricorda «il generoso ministero» svolto da monsignor Cocchi, e «invoca per il defunto il premio eterno promesso ai fedeli servitori del Vangelo», impartendo a tutti la sua benedizione apostolica.

Nella sua omelia, monsignor Castellucci ha voluto ricordare due immagini: una del 1980, quando per la prima volta, ancora seminarista, incontrò don Benito, come lo chiamavano a Bologna, e lo vide come «uomo dalla fede profonda e concreta, di grande spirito e intelligenza, vivace ed arguto, colto e umilissimo, innamorato di Cristo e della Chiesa, che serviva con grande energia», e un’altra di pochi giorni fa, quando, alla vigilia della sua morte, ha pregato per mezz’ora al suo capezzale.

«Guardando il suo viso sofferente ma disteso, ho pensato a quante persone, in quindici anni di ministero presbiterale e oltre quaranta di ministero episcopale, avevano incrociato quel volto, ricevuto una parola e un sorriso, raccolto un’attenzione da parte sua – ha detto l’arcivescovo di Modena -. Don Benito non è salito al cielo da solo, ma atteso e scortato da una schiera di amici che gli sono riconoscenti per la sua bontà. Scortato, soprattutto, dai tanti poveri ed emarginati da lui assistiti anche personalmente».

Monsignor Castellucci ha ricordato che la malattia aveva progressivamente avvolto monsignor Cocchi in una nube, «che gli ha tolto gradualmente la capacità di esprimersi con quella logica che prima padroneggiava così bene, lo ha privato a poco a poco della stessa parola, ma non ha potuto spegnere quello sguardo così luminoso che si trasmetteva dai suoi occhi ed era incorniciato da un largo sorriso. La nube ha avvolto l’intelligenza, la volontà, i movimenti e la parola; ma non è riuscita ad avvolgere gli affetti».

Al termine della celebrazione, è stato monsignor Paolo Losavio (che fu vicario geneale di monsignor Cocchi negli anni modenesi) a tratteggiare un profilo del presule scomparso: «C’è un filo rosso molto evidente che percorre tutta l’opera e l’insegnamento di monsignor Cocchi, a cui ci ha richiamati continuamente: l’impegno per la missione, per una chiesa sempre più comunità missionaria – ha detto -. Non possiamo dimenticare certe sue espressioni forti, in sorprendente sintonia con il magistero di Papa Francesco».

Il feretro di monsignor Cocchi, portato a spalla, è uscito poi dal Duomo: sul sagrato un lungo applauso dei fedeli lo ha salutato. E’ stato tumulato al cimitero di San Cataldo. Come avverrà anche per la salma di monsignor Antonio Lanfranchi, morto lo scorso anno, fra qualche tempo verrà poi traslato nella cripta del Duomo.