Stefano Marchetti
Cronaca

Il nuovo vescovo don Erio: "Non chiamatemi eccellenza"

Migliaia di persone per l'ingresso in diocesi di Monsignor Castellucci FOTO La messa solenne - L'arrivo a Modena - Forlì, ordinazione davanti a 5mila fedeli

La folla saluta don Erio Castellucci, nuovo vescovo di Modena (foto Fiocchi)

La folla saluta don Erio Castellucci, nuovo vescovo di Modena (foto Fiocchi)

Modena, 13 settembre 2015 - «Non vorrei per me, se possibile, la qualifica di eccellenza e preferirei essere chiamato per nome. Siamo tutti in cammino verso la santità e il giudizio sul livello di eccellenza che raggiungeremo lo darà il Signore alla fine». Nell'omelia della Messa solenne del suo ingresso in diocesi, monsignor Erio Castellucci, nuovo arcivescovo di Modena Nonantola, ha voluto rimarcare un tratto di semplicità e confidenza, ricordando che ognuno di noi è chiamato a una forma di santità quotidiana, nella famiglia, negli affetti, nel lavoro, soprattutto se, anziché aggrapparsi alla vita «secondo i criteri del tornaconto, della carriera, dell'efficienza e del facile successo», ci si affida al Signore e si ama.

Migliaia di persone, fra il Duomo gremitissimo, la tensostruttura esterna e la piazza, hanno assistito nel pomeriggio alla cerimonia con cui don Erio Castellucci ha ufficialmente 'preso possesso' dell'arcidiocesi. Come delegato di Papa Francesco, monsignor Adriano Bernardini, Nunzio apostolico per l'Italia, gli ha imposto il sacro pallio, simbolo e segno degli arcivescovi metropoliti, un parametro di lana d'agnelli per colui che è «chiamato a essere il buon pastore, sull'esempio del Pastore Cristo». Monsignor Giacomo Morandi, amministratore diocesano, ha letto la lettera apostolica con cui Papa Francesco ha nominato monsignor Castellucci nuovo presule della Chiesa modenese. «Al Papa hai detto che eri un parroco felice – ha aggiunto monsignor Morandi -. Faremo di tutto perché tu possa essere anche un vescovo felice».

Momenti toccanti durante la cerimonia, scandita dagli applausi dei fedeli. Durante l'omelia, per esempio, monsignor Castellucci ha ricordato alcune straordinarie figure modenesi, espressioni di una santità contemporanea, la dottoressa Luisa Guidotti Mistrali, medico missionario uccisa nel 1979 in Zimbabwe, «dove operava con un'infermiera forlivese, Caterina Savini, e sepolta qui in Cattedrale», i coniugi Bernardini, dichiarati Venerabili da Papa Francesco, «vissuti in una povertà dignitosa e con fede eroica, proprio perché quotidiana», o l'ingegner Uberto Mori, «sposo e padre, scomparso 26 anni fa, la cui dedizione alla famiglia, alla professione e ai poveri derivava dalla convinzione che la fede senza le opere è morta».

Inoltre il beato Rolando Rivi, seminarista ucciso in odio alla fede negli anni di guerra, come don Luigi Lenzini. Ha ricordato monsignor Antonio Lanfranchi, il suo predecessore, e anche monsignor Benito Cocchi (arcivescovo dal 1996 al 2010), che ha incontrato a Bologna e «che sta testimoniando l'eloquenza della debolezza e la misericordia fedele del Signore con un linguaggio che non è quello delle parole». Monsignor Castellucci ha detto di sapere che tanti hannomolte attese su di lui: «Non aspettatevi però troppo da me. Se il paragone non suonasse ardito, direi che l'unica risposta possibile è quella di Gesù nel Vangelo di oggi», ha proseguito, anche con una battuta: «Non arrivo a profetizzare, come lui, che dovrò soffrire molto, essere rifiutato e persino venire ucciso (anche perché non saprei risorgere al terzo giorno) ma mi spingo a dire che insieme, come Chiesa di Modena-Nonantola, dovremo continuare a imboccare le strade che ci conducono ad affidarci di più ai progetti di Dio e aggrapparci di meno ai nostri piccoli disegni». E per chiudere ha detto»Non garantisco di risolvere i problemi, anzi, come mi ha detto un amico vescovo, sarebbe già molto se non ne creassi degli altri. Assicurò però che, con l'aiuto dei santi, ce la metterò tutta per affrontarli insieme a voi». Presenti alla cerimonia numerose autorità, fra cui il prefetto Di Bari, il sindaco Muzzarelli, l'europarlamentare Kyenge, il deputato Richetti e il senatore Giovanardi.

Prima della cerimonia in Duomo, monsignor Castellucci è stato accolto dalle autorità civili, con un momento di incontro che doveva tenersi in piazza Roma e (a causa della pioggia) è stato trasferito alla chiesa di San Carlo. «Dobbiamo cogliere i segni dei tempi e aprire gli occhi, dobbiamo rinnovare il nostro impegno per la cura della casa comune», ha sottolineato il sindaco Muzzarelli nel suo indirizzo di saluto, ricordando i tanti grandi di Modena e i valori della città e di questo territorio. «Il compito della politica è arduo, perché di fronte alle paure del presente e alle incertezze del futuro, deve innanzitutto recuperare credito e fiducia con la coerenza e l'esempio – ha aggiunto il sindaco -. Ci vuole uno scatto morale, capace di trasmettersi a tutta la comunità e prima di tutto alle nuove generazioni», che ha rimarcato che «Modena ha saputo crescere e potrà crescere in modo intelligente, sostenibile e inclusivo se manterrà aperte le porte e le finestre, se saprà essere ancora e ancor di più una società aperta all'altro, alla mobilità sociale, all'innovazione e al mondo che cambia». Il sindaco ha donato al nuovo arcivescovo una riproduzione di uno dei bassorilievi della Porta dei Principi del Duomo, il racconto della missione di san Geminiano a Costantinopoli per salvare figlia dell'imperatore Gioviano, posseduta dal demonio, una vittoria sul male.

«La Chiesa non è stata voluta da Gesù in contrapposizione alla città», ha detto l'arcivescovo nel suo intervento. «Quanto più è fedele alla propria identità, tanto più la Chiesa si fa serva degli uomini, specialmente di quelli che Papa Francesco chiama 'gli scarti', coloro che, per la propria condizione disagiata o debole, non riescono a farsi strada da soli». E quindi ha ricordato alcuni temi che sono e saranno cruciali: il cristianesimo ha elaborato «l'idea di un valore intrinseco della persona, che non può mai essere strumentalizzata - ha proseguito - . E' su questa base che si fondano tutti gli altri valori: il rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra l'uomo e la donna, la libertà di educazione, la giustizia sociale e la lotta alle povertà, la pace e la non violenza, il rispetto per il creato». «La Chiesa vuole operare andando alla radice dei disagi sociali, che è il peccato – ha aggiunto l'arcivescovo -. Per questo la sua presenza e azione nella società mira prima di tutto alle cause, cioé all'educazione ad amare, ad accogliere, a perdonare, a praticare la giustizia e la pace». Chiesa e città a Modena «collaborano ora cordialmente e attivamente, dopo anni di lotte ideologiche, e operano per il bene comune», ha osservato, e ha introdotto il tema e la sfida dell'immigrazione: «Una civiltà che si chiude a riccio su se stessa ha già firmato la propria condanna a morte. Una civiltà è viva, grande e cresce quando – nell'assoluto rispetto della legalità e nell'impegno per un'integrazione rispettosa dei propri valori, per noi sanciti dalla Costituzione e dalle leggi, rimane aperta alle diversità, si lascia provocare, si mette in dialogo».

Ad aprire il pomeriggio del nuovo arcivescovo era stato invece l'incontro con i giovani alla Città dei Ragazzi, sotto la pioggia battente. «Vi assicuro che farò prediche corte, per non essere collaboratore della vostra noia», ha scherzato il vescovo. «Anche noi vogliamo dare un'idea giovane della Chiesa, perché Gesù è vivo e non può che essere giovane».E dalle quattro grandi aree della diocesi, i giovani hanno portato doni al nuovo presule: dalla città l'aceto balsamico, poi il lambrusco dalla Bassa provata dal terremoto e dall'alluvione, un cappellino della Ferrari dalla pedemontana, e il croccante dell'Appennino, segno della tradizione dei giorni di letizia. di Stefano Marchetti

 

L'ORDINAZIONE A Forlì 5mila fedeli