«Estranei alla mafia, ma siamo rovinati»

Nonantola, il Tar riabilita la Grandedil srl. Lo sfogo dell’ad: «Persi tutti i lavoratori»

Un cantiere Grandedil

Un cantiere Grandedil

Nonantola, 4 dicembre 2015 - Dopo l’estromissione della Grandedil srl di Nonantola dalla White list e raggiunta a dicembre 2014 da un provvedimento interdittivo, lo scorso 30 novembre il Tar di Bologna si è pronunciato dichiarando che «nessun condizionamento mafioso per la modenese Grandedil nell’ambito dei lavori pubblici per la realizzazione della Teem». Il Tar, di fatto, ha dichiarato l’illegittimità della misura interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Modena a carico della società, nella persona dell’amministratore Giovanni Coppola, difeso dagli avvocati Mazzarelli, Canta e Zoppolato. La questione traeva origine dal sub-affidamento di una quota dei lavori a due imprese rivelatesi, solo in seguito, vicine ad ambienti mafiosi. Come riconosciuto nell’articolata motivazione del giudice amministrativo, non solo Grandedil non era a conoscenza della posizione critica delle subappaltatrici, ma, al contrario, era stata indotta in errore dalle controparti contrattuali, pur avendo attuato tutte le cautele previste dalla normativa anti-mafia. D’altronde, la società, non appena informata dei condizionamenti delle subaffidatarie, aveva altresì adottato tempestive e coerenti iniziative di dissociazione. Non è servito e per l’azienda sono arrivati i guai. «Sono contento solo in parte della sentenza – afferma l’ad Coppola –. Contento di vedere riabilitato il mio nome e quello dell’azienda che ho creato con sudore, investimenti e di anni di lavoro, ma incredulo perché, con nulla in mano, hanno rovinato una delle poche imprese edili in attivo, 160 dipendenti, oltre a tutto l’indotto, fornitori, artigiani e un fatturato in forte crescita (nel 2014 oltre 20milioni di euro)».

«Sono stato costretto a svendere la mia azienda – continua – ho perso oltre 1 milione di euro personali, oltre alle fidejussioni bancarie per le quali sto cercando un accordo, con fiducia, visto la totale estraneità ai fatti a noi contestati». E a nulla sono valsi gli appelli alle istituzioni. «Abbiamo chiesto un incontro in Prefettura nei giorni immediatamente successivi al provvedimento ma non ci hanno mai risposto – spiega ancora Coppola –. Abbiamo chiesto il commissariamento nell’istanza di riesame e poi con diverse pec ma non ci è stato concesso: perché ad altra azienda della zona, con accuse molto più gravi, sono stati immediatamente concessi 4 commissari ed è stata riammessa in White list nel giro di pochi mesi, mentre per noi ci è voluto così tanto? Possibile che in Italia non puoi lavorare se non hai in tasca la tessera di un partito?»

E i sindacati? «Li abbiamo contattati per chiedere un aiuto – prosegue l’ad –, abbiamo lasciato a casa 160 dipendenti, 160 famiglie senza stipendio, nessuno ha fatto nulla. Dopo questa vicenda, i clienti, in primis le pubbliche amministrazioni, ci hanno bloccato i pagamenti, mentre i privati ci hanno tirato il collo, chiedendo sconti esagerati».

«Penso- conclude Coppola - che nella legge antimafia ci sia qualcosa da correggere, non è possibile che valga la condizione che sei colpevole finché non provi il contrario, è necessario dare la possibilità alle aziende di difendersi».