Quattro figli morti, il destino atroce dei Tamburini

"Non si sa più chi pregare", dice Antonina

La famiglia Tamburini di Pesaro, 4 figli morti (Fotoprint)

La famiglia Tamburini di Pesaro, 4 figli morti (Fotoprint)

Pesaro, 27 giugno 2016 -  Il nipote gli ha detto: «Nonno, mettiti a sedere, devo dirti una cosa». Tonino Tamburini, 80 anni, si è seduto ed ha avuto un colpo al cuore come gli era già successo altre tre volte, nella sua vita. Quattro figli persi, un destino che si è accanito contro di lui e la donna che ha sposato 60 anni fa, Antonina, madre dei suoi figli. L’ultimo gli è morto venerdì scorso. Si chiamava Roberto, 54 anni, cantoniere della Provincia di Pesaro e Urbino, sbalzato fuori dal trattore lungo una stradina a Casteldimezzo. Morto, ancora non si sa perché. Forse un malore, forse il trauma legato alla caduta. Oggi si svolgerà l’autopsia. Roberto era l’ultimo dei 4 figli della coppia deceduti: Guglielmino morto nel ’60, per una laringite divenuta broncopolmonite; poi il fratellino, o sorellina, che ancora doveva nascere, la madre abortì per il dispiacere; poi Loredana, travolta da un camion, a 16 anni, nel 1982. Ora è rimasta solo Isabella.

Tonino Tamburini ha 80 anni, è mattina, è seduto al tavolo del soggiorno di casa sua, l’ingresso è proprio davanti al Conservatorio Rossini, pieno centro storico di Pesaro. «Ora basta, ora spero che basti», dice, le mani tra i capelli, attaccandosi alle funi del cielo, gli occhi che si arrossano. Vicino c’è la moglie Antonina, distrutta come lui.

Le sventure interminabili della vostra famiglia cominciano tanti anni, fa, addirittura all’inizio degli anni ’60.

Tonina: «Mio figlio Guglielmino, aveva due anni e un mese, morto di una patologia che adesso forse non ucciderebbe nessuno, una laringite acuta, a cui si era aggiunta una broncopolmonite».

E lei perse in quello stesso frangente anche un altro figlio...

«A quel tempo ero incinta di 3 mesi, nonostante fossi giovanissima, e in salute, per il dolore abortii. Non fui in grado neanche di andare al funerale di mio figlio».

Poi Loredana, 16 anni.

Antonina: «Mia figlia aveva 16 anni, era mattina e stava andando a lavorare in un bar della stazione, da un suo cugino. L’altra nostra figlia, Isabella, più piccola, era davanti a lei con la bicicletta. Non la vide più arrivare. Rimase choccata e non si è mai dimenticata di quella tragedia».

Cosa accadde?

Tonino: «Ricordo ancora, viale XI Febbraio, dove ci sono gli ambulatori della mutua e dove sono successi anche altri incidenti mortali. Era il 16 giugno, c’era un camion fermo che stava scaricando dell’acqua. Qualcuno aprì lo sportello, Loredana era in sella al suo motorino, sbattè nello sportello, cadde per terra, fu travolta da un’auto che sopraggiungeva: ferite gravissime alla testa, non ce la fece. La foto che vedete lì nell’ingresso è quella della Cresima».

Ultima la tragedia di Roberto, venerdì scorso, con il trattore.

Tonino: «Quando era piccolo, io che ho guidato per 60 anni i trattori e la macchine agricole in genere, non riuscivo a metterlo sopra neanche a una mietitrebbia che si metteva subito a piangere e dovevi portarlo via. Ma da quando lavorava per la Provincia come cantoniere, era felice di quell’impiego, gli piaceva, e con quei mezzi ci sapeva fare. Per questo non mi torna questo incidente, e voglio sapere come è morto».

Lei è stato sul posto dell’incidente?

Tonino: «Certo che ci sono stato. Ho visto la frenata di una decina di metri, la strada in forte pendenza. Forse ha messo il trattore in folle, ma non ho idea di cosa sia successo. Forse un malore, come ha detto qualcuno. Ma lui era sano, mai avuto disturbi seri in tutti questi anni. Sapremo dall’autopsia».

Voi siete religiosi?

Antonina: «Io avevo perso un po’ la fede, quando è morta mia figlia a 16 anni, ma poi mi era tornata, pregavo di continuo, ultimamente, anche prima di questa tragedia di Roberto. Poi è successo questo». «Io ora – dice smarrita – non so più a chi rivolgermi».

Che persona era vostro figlio?

Tonino: «Un tifoso sfegatato del Milan. Quando c’era la partita, qui in casa non si riusciva neanche a cenare. Ma negli ultimi anni lo vedevamo spesso. Veniva a mangiare anche un paio di volte la settimana. Là c’è ancora la sua stanza. Una cosa così non te l’aspetti, è troppo grossa... E un’altra volta è capitata a noi, non so perché tutto capita a noi».