Trota, ce n’è un 'tipo' diverso in ogni fiume delle Marche. E ora interessa anche ai laziali

Una delegazione romana in visita all’impianto di Cantiano, dove si produce la razza mediterranea autoctona delle nostre montagne grazie al progetto ‘Life Trota’ FOTO L'allevamento

Trota di razza mediterranea

Trota di razza mediterranea

Cantiano (Pesaro e Urbino), 13 ottobre 2015 - Dal Lazio alle Marche, hanno varcato l’Appennino per venire a scoprire la trota mediterranea (foto). Quella custodita nell’impianto di Cantiano, ai piedi del monte Catria, ex allevamento ‘generico’ convertito da tempo al recupero del ceppo nativo di ‘Salmo macrostigma’ grazie al ‘Life Trota’. Un progetto cofinanziato dall’Unione europea e che coinvolge due università (Ancona e Perugia) le province di Pesaro e Urbino e Fermo, il Parco nazionale dei Monti Sibillini e Legambiente.

Questa storia della mediterranea, portatrice di un ‘genoma’ selezionato in natura nel corso di migliaia di anni, una specie perfettamente adattata ai nostri corsi d’acqua appenninici e fatta riprodurre in allevamento dopo lunghe indagini genetiche e selezione dei riproduttori, comincia evidentemente ad interessare. Nei mesi scorsi l’impianto era stato visitato da una delegazione di pescatori della Corsica (dove in precedenza si era recato, a sua volta, lo staff del progetto Life Trota), quindi è stata la volta dell’Enal Caccia e Pesca di Valle Pietra, in provincia di Roma. Una nutrita associazione interessata a sollecitare analoghe indagini e tecniche di gestione sulle acque del proprio territorio (alto bacino dell’Aniene), peraltro di gran pregio.

Ai pescatori romani è stato illustrato come funziona un allevamento a bassa intensità come quello di Cantiano (poche decine di riproduttori presenti, qualche migliaio di trotelle prodotte), come vengono alimentati pesci che anche in cattività tendono a riprodurre la rusticità della specie, come sono attrezzate le vasche (comprese le zone rifugio), come funziona la ‘nursery’, qual è il ciclo riproduttivo e dunque quali sono i periodi adatti per la spremitura delle uova.

In verità il progetto, dopo lunghi campionamenti e analisi di laboratorio, ha permesso di verificare che non esiste un’unica trota mediterranea, con un patrimonio genetico comune, ma che esistono, all’interno della specie, varietà legate ai singoli bacini fluviali (sette quelli studiati nelle Marche: Metauro, Cesano, Esino, Potenza, Chienti, Nera e Tenna). Così le trote del torrente Fiastrone sono diverse da quelle del Tenna, così come quelle del Nera sono diverse da quelle del Potenza.

Premesso che i ceppi puri di mediterranea sono stati recuperati principalmente all’interno del Parco dei Monti Sibillini, si possono trovare differenze genetiche significative tra le aste fluviali (e anche all’interno di esse). Questo perché alcune popolazioni ittiche sono rimaste isolate a partire dall’ultima glaciazione e hanno sviluppato caratteri propri. Anche per questo all’interno dell’allevamento di Cantiano le trote sono state differenziate per bacini di provenienza e in sede di ripopolamento gli avannotti torneranno nei corsi d’acqua da cui provenivano i loro genitori.

I ripopolamenti, secondo il piano di lavoro, sono già iniziati con piccoli quantitativi in alcune aree dei Sibillini e in provincia di Pesaro e Urbino. Parallelamente, in altri sei torrenti, sono cominciati interventi preventivi di eradicazione delle trote presenti (catturate mediante elettrostorditore e trasferite altrove), tutte appartenenti alla specie ‘atlantica’ (Salmo trutta). Trattasi della trota del Nord Europa, oggetto di intenso allevamento e di semine nelle nostre acque da oltre un secolo (le prime, in territorio di Cagli, risalgono ai primi del Novecento).

Trote che hanno dato luogo a fenomeni di ibridazione con le nostrane, tanto da aver provocato un diffuso fenomeno di inquinamento genetico. Completata la fase di eradicazione, in questi sei corsi d’acqua verrà infine reintrodotta la trota mediterranea. E’ importante sottolineare che le indagini ambientali sulla qualità dell’habitat dei corsi d’acqua prescelti per queste attività, hanno evidenziato un optimum ecologico che consentirà la sopravvivenza a lungo termine delle trote mediterranee, che così andranno a riconquistare l’antico habitat perduto.

Ora la mediterranea, grazie al ‘Life Trota’, prova a riconquistare i suoi spazi. Un centinaio di esemplari, come previsto dalle attività di restocking, sono stati liberati nel torrente Bevano, quello che alimenta l’impianto di Cantiano (in queste settimane oggetto di interventi di consolidamento, per riparare i danni provocati dalle piene), sotto gli occhi della delegazione romana. La bellezza di questi pesci è in una magnifica livrea fittamente punteggiata di rosso nero, la loro forza è nei geni. Quelli che consentono loro di superare anche gli estremi del nostro clima: inverni rigidissimi, piene devastanti, estati siccitose. Ma perché il progetto abbia pieno successo serve anche proteggere gli ambienti, perché in fatto di qualità delle acque ‘Salmo macrostigma’ è molto esigente.

Là dove gli habitat sono stati alterati (a partire dalle captazioni), guarda caso, è sparita. Questa in fondo è la parte più delicata del programma, visto che bisogna convincere diversi ‘portatori di interessi’ (enti, istituzioni) a cambiare registro. Spiegandogli che l’Europa ci guarda. Non ha finanziato un progetto da un milione e mezzo di euro così, tanto per fare, ma per salvare la trota nativa del centro Italia, una specie in pericolo di estinzione, inserita in direttiva Habitat. E non tollera più infrazioni alle sue norme.

Mauro Ciccarelli