Infermiera killer, un altro omicidio per la Poggiali

La procura chiede di processarla per un altro delitto: "Uccise anche Montanari, lui aveva licenziato il fidanzato, 5 anni dopo lei lo ammazzò"

Processo all'infermiera Daniela Poggiali (Zani)

Processo all'infermiera Daniela Poggiali (Zani)

Ravenna, 17 novembre 2016 - Non solo quello della 78enne Rosa Calderoni, che le è costato una condanna in primo grado all’ergastolo. La 44enne ex infermiera di Lugo, Daniela Poggiali, avrebbe ucciso (almeno) un altro paziente attraverso un’iniezione di potassio. A queste conclusioni è arrivata la Procura di Ravenna, che l’altro giorno ha notificato alla donna, attualmente in carcere a Bologna, l’atto di fine indagini – preliminare alla richiesta di rinvio a giudizio – per omicidio volontario in relazione alla morte di Massimo Montanari, il 95enne di Conselice ed ex datore di lavoro del fidanzato della Poggiali, deceduto la notte del 12 marzo 2014 nonostante «un parziale miglioramento del quadro clinico» tanto che lo avrebbero dovuto dimettere la mattina dopo.

In questo caso, anche in assenza della prova medico legale (l’umor vitreo prelevato dai bulbi oculari), sussiste un elemento di grande novità anche rispetto all’omicidio Calderoni: il movente. Vale a dire una minaccia di morte che la Poggiali aveva indirizzato a Montanari dopo che questi aveva licenziato il suo uomo. Secondo l’indagine dei carabinieri, e coordinata dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal pm Angela Scorza, il 3 giugno 2009 la Poggiali si recò negli uffici della ditta Montanari, che opera nel settore metallurgico, per consegnare un certificato relativo a una pratica infortunistica dell’ex convivente, Luigi Conficconi. In quell’occasione avrebbe schernito la segretaria, Gigliola Cavallari, dicendole «scendi giù da quei tacchi che sei ridicola».

E, soprattutto, minacciato sia lei che il titolare con queste parole: «State attenti te e Montanari di non capitarmi tra le mani, perché io vi faccio fuori». Frasi poi riportate anche durante il primo processo per omicidio. E, secondo l’accusa, quanto è poi si è avverato cinque anni più tardi. L’anziano era stato ricoverato il 6 marzo 2014, per uno scompenso cardiaco, a Lugo nel reparto di Medicina interna. La Poggiali si ricordava di lui e la Procura ha fatto questa ricostruzione dei fatti.

La notte del 12 marzo l’infermiera entrò nel settore D, sebbene fosse in carico a una collega che però in quel momento era impegnata con un nuovo ricovero, e si offrì di sostituirla nel giro delle glicemie. Terminate queste incombenze, e nonostante le proteste della collega, avrebbe insistito per somministrare personalmente la terapia insulinica ai pazienti di quel settore. Con questo espediente tornò nella stanza di Montanari, per il quale era già stata programmata la dimissione la mattina successiva, e gli somministrò sostanze farmacologiche.

Secondo l’accusa, cloruro di potassio. In dose eccessiva, provocandone così la morte. Subito dopo si allontanò dalla stanza, per poi farvi rientro poco dopo, assicurandosi che il paziente fosse deceduto con l’intento di scongiurare manovre rianimatorie da parte del personale sanitario. La Procura contesta così all’ex infermiera quattro aggravanti: i motivi abietti, avendo dato corso alla minaccia di morte; la premeditazione, consistita nel procurarsi il farmaco letale (per il quale dovrà rispondere anche di peculato) e operare in un settore non affidato a lei; l’utilizzo dello stesso in dosi non terapeutiche e l’abuso di potere inerente alla sua qualifica di infermiera. Sotto la lente erano finite una decina di ulteriori morti sospette, nell’ambito del fascicolo bis, selezionate tra un totale di 38 cartelle cliniche di pazienti morti in pochi mesi. Per questi altri casi la Procura chiederà l’archiviazione, ritenendo di non avere elementi sufficienti. Ma per Montanari il procuratore Mancini era stato lapidario: «Come si fa a non indagare su un caso del genere».