Maxi eredità da un disabile, due indagati per tentata truffa all'Opera Santa Teresa

L'enorme cifra, un milione e mezzo, sarebbe passata all'istituto religioso solo dopo la morte dell'ospite facoltoso ma con quei soldi hanno cercato di comprare dei capannoni. Nei guai ex direttore e coordinatore amministrativo

Opera Santa Teresa del Bambin Gesù

Opera Santa Teresa del Bambin Gesù

Ravenna, 30 luglio 2014 - La Procura di Ravenna ha contestato l'accusa di truffa aggravata all'ex direttore dell'istituto religioso "Opera di Santa Teresa del Bambino Gesù", un sacerdote ravennate 56enne, e al coordinatore amministrativo della struttura, anche lui 56enne, originario di Modena. A entrambi è già stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini.

La tentata truffa riguarda un'operazione immobiliare legata all'eredità da oltre un milione e 500 mila euro ricevuta, alla morte della madre, da uno degli ospiti dell'Opera di Santa Teresa, un sessantenne disabile praticamente dalla nascita. La vicenda - secondo quanto sin qui delineato dalla Procura - si è innescata quando alla sua morte a fine 2012, una donna aveva disposto nel suo testamento che l'intero patrimonio sarebbe andato al figlio disabile e alla morte di questi, all'opera di Santa Teresa a patto che lo continuasse a ospitare fino alla fine dei suoi giorni.

La questione penale è nata con l'idea di comprare con quel denaro un complesso di capannoni industriali di nuova fabbricazione costruiti a Fornace Zarattini, frazione alle porte di Ravenna. Nell'ottobre scorso e' stato infatti sottoscritto un preliminare di vendita tramite atto notarile firmato a Torino. Lì il sessantenne disabile ha elargito una caparra da 500 mila euro, il 30% del valore dell'immobile, tramite il suo tutore ovvero l'ex direttore dell'istituto. La stipula era prevista per fine gennaio scorso ma alla Procura è parso strano che ci fosse una caparra di quella entità.

E cosi' quando sono giunti gli atti del giudice tutelare, e' scattata l'inchiesta. Nei numeri, solo dopo la sottoscrizione del preliminare di contratto, ci si era posto il problema in merito al carico fiscale sull'immobile pari a 300 mila euro. Cio' avrebbe fatto innalzare la cifra totale a un milione e 800 mila euro. E qui si giunge al profilo del secondo indagato che in qualita' di consulente aveva secondo l'accusa chiesto al giudice tutelare di Ravenna di potere fare un trust, cioe' un'amministrazione fiduciaria che si occupasse di gestire direttamente il patrimonio: un po' come se il testamento fosse gia' stato applicato. Cio' avrebbe consentito un risparmio d'imposta. Il complesso di capannoni sarebbe poi stato ceduto a cooperative vicine al Santa Teresa con canoni dai 75 mila ai 100 mila euro annui.

Ma il giudice tutelare, che aveva dato via libera alla compravendita, ha qui respinto la richiesta mandando le carte in Procura. La stipula e' cosi' saltata e il proprietario del capannone ha potuto tenersi legittimamente sia i 500 mila euro del compromesso che l'immobile stesso. Peraltro prima della stipula, non lo aveva in completa proprieta' avendolo preso in leasing: poi, forse grazie anche alla caparra, ha potuto saldare tutto. "Nessuno intende certo contestare i meriti del Santa Teresa. L'istituzione non e' in discussione - ha sottolineato il Procuratore Mancini - e noi abbiamo indagato le persone fisiche e non quelle giuridiche. Ma quanto accaduto non ci sembra in linea con la tradizione cristiana e caritatevole dell'Opera". Per quanto riguarda i due indagati - difesi dagli avvocati Marco Martines e Valerio Girani del Foro di Forli'-Cesena -, sono gia' stati interrogati in Procura.

L'ex direttore dell'Opera, dopo le prime rivelazioni sull'inchiesta, nelle scorse settimane a mezzo stampa aveva in buona sostanza ammesso che erano stati compiuti errori gestionali; ma che non c'era stata nessuna intenzione di truffare nessuno. E che anzi c'era stata grande collaborazione con gli inquirenti alla luce della buona fede dietro a ogni operazione.