Barbara e Carla, come un matrimonio in municipio

Cerimonia senza valore legale davanti al sindaco Matteucci: le due donne convivono da 10 anni e si sono sposate simbolicamente FOTO: il fatidico sì di Annamaria Corrado

Barbara Domenichini e Carla Baroncelli il giorno del loro matrimonio simbolico

Barbara Domenichini e Carla Baroncelli il giorno del loro matrimonio simbolico

Ravenna, 6 luglio 2014 - Barbara Domenichini e Carla Baroncelli sono innamorate e stanno insieme da dieci anni. Un traguardo importante che hanno deciso di festeggiare sposandosi, anche se in Italia due persone dello stesso sesso non possono farlo. Loro però non si sono arrese e hanno organizzato qualcosa che se non è un matrimonio ‘vero’, di quelli riconosciuti dalla legge, è qualcosa che gli assomiglia molto. Così ieri in municipio, davanti al primo cittadino Fabrizio Matteucci, hanno coronato il loro sogno d’amore.

Barbara e Carla, come è nata l’idea di questa cerimonia?

«Volevamo organizzare qualcosa per festeggiare i 10 anni del nostro rapporto. Abbiamo pensato ad una festa, ma volevamo dare un senso all’evento, comunicare un messaggio. Così ci è venuta in mente l’idea di una cerimonia». 

E qual è il messaggio che 'volete' comunicare?

«Nell’immaginario comune le relazioni omosessuali sono quasi sempre associate a un’idea di instabilità. Intanto volevamo dimostrare che non è così, noi siamo una coppia e lo siamo da tanto tempo. La nostra è una storia d’amore, al di là del fatto che siamo due donne».

Torniamo alla cerimonia in municipio, com’è andata?

«All’inizio abbiamo chiesto di essere ricevute da Valentina Morigi e Giovanna Piaia, assessore con cui abbiamo condiviso tanto battaglie, <WC>come<WC1> quella per le unioni civili. <WC>V<WC1>olevamo dare un senso istituzionale alla cosa».

Loro cosa hanno risposto?

«Hanno accettato con piacere e con tanta emozione. A quel punto però ci siamo rese conto che il sindaco avrebbe dovuto sapere di questa cosa. Sono state loro a riferirglielo e Matteucci ha risposto che, se a noi avesse fatto piacere, ci avrebbe ricevuto lui stesso».

Così ieri siete state ricevute in Municipio, nella sala preconsiliare, dal sindaco, come in un matrimonio in piena regola.

«Non ha indossato la fascia ma l’ha appoggiata sul tavolo e noi abbiamo trasformato un evento privato in una cerimonia pubblica, con tutti gli invitati. Dandole un significato simbolico e politico ben preciso. Ma non volevamo neanche che passasse un messaggio sbagliato».

Cosa intendete per messaggio sbagliato?

«Non volevamo dare l’idea di esserci sposate realmente perché non è così. In Italia due persone dello stesso sesso non possono sposarsi, di diritti si parla sempre meno, e questo noi volevamo denunciarlo. Il nostro alla fine è diventato un matrimonio a tutti gli effetti e festeggiamo il fatto di essere riuscite a portare sul piano pubblico e politico il nostro fatto privato».

Il vostro è stato un matrimonio in piena regola anche nei preparativi, con inviti, torta nuziale, bouquet. Com’è andata?

«E' stato esilarante, in pasticceria continuavano a farci vedere statuine su statuine da mettere sulla torta, tutte con uno sposo e una sposa e a noi non andava bene. Quando alla fine abbiamo detto che a sposarci eravamo noi due, la signora ci ha guardato sorridendo e ha risposto ‘potevate dirmelo subito così avremmo risparmiato tutto questo tempo’. Anche dalla fiorista è stato divertente».

Cosa è successo dalla fiorista?

«Abbiamo chiesto due bouquet e la signora ci ha detto ‘certo, uno da tenere, l’altro da lanciare’. A quel punto ne abbiamo chiesti quattro. Lei allora si è seduta un attimo, era emozionata. Abbiamo avuto l’impressione che tutte queste persone fossero in qualche modo onorate di essere le prime a cui capitava una cosa del genere».

Andrete in viaggio di nozze?

«Sì. Sceglieremo un Paese dell’Unione europea dove è consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ci sono diversi sindaci in Italia che si sono esposti, dichiarando di essere favorevoli a riconoscere il certificato di matrimoni celebrati all’estero. Quando torneremo cercheremo di far riconoscere anche qui la nostra unione. Così si concluderà il nostro percorso iniziato con l’iscrizione al registro delle coppie di fatto». 

Quando avete deciso di organizzare questo matrimonio avevate timore di scontrarvi con i pregiudizi?

«All’inizio eravamo un po’ timorose. Sapevamo di avere l’appoggio di chi ci conosce e ci vuole bene, ma ci ha stupito l’accoglienza di tutti, anche di quelli che non conoscevamo affatto e che abbiamo incrociato nel corso dei preparativi. C’è stata una condivisione del nostro progetto che ci ha colpito e ci ha ‘fortificate’ nel perseguire con determinazione il nostro obiettivo».

Annamaria Corrado