La centrale in riva al fiume

Andrea Fiori

Andrea Fiori

Reggio Emilia, 15 ottobre 2014 - Era più di un temporale. Un diluvio. Un evento eccezionale. Capace di allagare in poche ore il cuore di Guastalla, e far esplodere inaspettatamente — nella vicina città ducale — i torrenti Parma e Baganza. Vedere questo sfregio, il volto delle nostre belle città deturpato di fango, fa male al cuore. E monta la rabbia, a pensare a certe scelte. Ne diciamo una sola. Forse non la più importante, ma quella che ha coinvolto il maggior numero di persone: perché la centrale Telecom di Parma — da cui evidentemente dipende il funzionamento della telefonia mobile e della trasmissione dei dati per decine di migliaia di utenti, da Piacenza a Modena — è stata realizzata in riva a un corso d’acqua? Siamo sicuri che fosse il luogo più inviolabile? Siamo consapevoli che, in casi di così grave emergenza — come a Parma — anche i cellulari sono uno strumento indispensabile per coordinare i soccorsi? Un giorno dopo l’alluvione, in quattro province d’Italia restano ancora difficili se non impossibili le comunicazioni di famiglie, medici, professionisti, aziende che lavorano con l’estero. Tutto in tilt: le chiamate d’emergenza, i pagamenti telematici negli esercizi commerciali. Perfino il braccialetto elettronico di un detenuto. L’evento è stato straordinario. Ma quello che non smette di stupire è la nostra ordinaria italianità.